I tre big soddisfatti. “Così dimostriamo al centrosinistra che siamo compatti”

«La sinistra spera che ci siano divisioni tra di noi, invece dimostreremo che siamo compatti e pronti a vincere». È il giorno della verità per il centrodestra. Il termometro delle fibrillazioni resta alto fino al primo pomeriggio. Ma dopo le schermaglie e i messaggi fatti recapitare a mezzo stampa, tutti i leader della coalizione si ritrovano attorno a un tavolo istituzionale, negli uffici della Lega a Montecitorio, e riescono a stemperare le tensioni e a trovare un primo accordo di compromesso. È Matteo Salvini, in qualità di padrone di casa, ad adoperarsi per superare le tensioni delle ultime ore e a invitare subito tutti a cercare la quadra.

Alla fine sulla premiership e sui criteri di scelta passa la linea del «chi prende più voti indica il premier». Nessuna indicazione preventiva di un candidato di coalizione, quindi, ma una scelta ex post che consentirà a tutti di esaltare le proprie identità e parlare direttamente con il proprio elettorato. Una soluzione gradita a Fratelli d’Italia, sposata in pieno anche da parte della Lega e che non dispiace a Forza Italia che potrà stringersi attorno a un proprio candidato più moderato, affidandosi al verdetto degli elettori.

Una forte accelerazione arriva anche sulla definizione del programma di governo, per il quale viene definito un gruppo di lavoro dedicato per arrivare a un «documento innovativo e comune». Così come si decide di procedere con una lista unica per le circoscrizioni estere.

Il clima alla vigilia non è di quelli più rilassati. Certo tutti sono consapevoli dell’importanza della posta in gioco e della necessità di dover costruire un percorso di uscita dalle incomprensioni degli ultimi mesi, di fronte alla concreta possibilità di vincere le elezioni il prossimo 25 settembre. Ma soprattutto dentro Fratelli d’Italia si teme di incappare in qualche trappola e si respinge al mittente qualunque formula possa sbarrare la strada a Giorgia Meloni. «Le regole non si cambiano in corsa. Altrimenti si rompe il centrodestra o meglio rimaniamo noi a rappresentarlo visto che siamo noi quelli rimasti sempre dalla stessa parte per tutta la durata della legislatura e quelli identificati come la forza trainante». Alla fine però anche dentro il partito guidato dalla numero uno dei Conservatori Europei c’è piena soddisfazione per essere riusciti a ottenere la conferma della regola adottata per la premiership nel 2018. E da parte di tutti i partiti si respira «soddisfazione e ottimismo» per l’orizzonte unitario che si spalanca.

Resta, però, da definire il nodo della distribuzione dei collegi. La questione viene affrontata, ma la soluzione definitiva rinviata a un altro incontro. La formula di compromesso basata sul 50% dei collegi a Fratelli d’Italia, il 30% alla Lega e il 20% a Forza Italia non passa. Si ricerca, piuttosto, un altro metodo di calcolo con un aggiornamento del cosiddetto «algoritmo Calderoli». Fratelli d’Italia chiede che si ragioni su una media di tre sondaggi, ma bisogna capire se basarsi su rilevazioni nazionali o regionali. Naturalmente è impossibile considerare tutti i collegi alla stessa stregua. Nel 2018 si divisero i collegi in sei «fasce» in base alle possibilità di vittoria e si ripropose la quota proporzionale di ogni partito in ciascuna fascia.

Alla fine la Lega rivendica il risultato e sottolinea il clima «molto positivo» che coinvolge anche gli alleati centristi. Anzi fonti del Carroccio fanno sapere che «se Toti non sbanderà a sinistra chiarendo quello che intende fare» la coalizione sarà pronta ad allargare ulteriormente il proprio perimetro.


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