IERI SERA SI E’ SVOLTO IL CONSIGLIO CENTRALE DELLA DC. SINTESI DELL’INTERVENTO DI PASQUALE VALENTINI

E’ in atto nel nostro Paese un cambiamento radicale. Non so in che misura percepiamo questo cambiamento, sta di fatto che San Marino non è più quello che era. Forse non sappiamo ancora bene come sarà, ma non possiamo rimanere dell’idea che dopo un momento passeggero tutto possa ritornare come prima: questo non è. E’ in atto un cambiamento profondissimo e siamo in quella situazione strana che, cominciando dal governo, coinvolge tutta la popolazione in quella medesima incertezza per cui ciascuno si accorge che le cose non sono più come prima, ma ancora non comprende bene i contorni esatti della trasformazione. Per questo ci accade nel momento presente di fare talvolta passi in avanti e poi qualcuno indietro. E allora cosa occorre in questo frangente? Occorre una classe politica, dirigente, capace di interpretare l’urgenza del momento: non si possono affrontare i problemi di oggi con le logiche, i criteri e le soluzioni che si sono usate in passato: ce ne vogliono delle nuove. E c’è una caratteristica di questa urgenza del momento che è proprio di questo tempo: oggi ci sono decisioni gravi che vanno prese con una velocità che fino ad ora era impensabile. Ciò significa che occorre ridefinire la capacità decisionale e la capacità di condividere responsabilità delle decisioni. Dobbiamo strutturarci in modo tale che gli uffici operativi e gli organismi del Partito abbiano la capacità di sapere interpretare e decidere velocemente rispetto ai problemi che la realtà ci pone. Diversamente la realtà ci passa sopra. Allora bisogna trovare al fondo delle nostre motivazioni politiche le ragioni che ci fanno stare insieme, non ci possono essere solo ragioni di facciata o di opportunità, di interesse; c’è bisogno di ritrovare le ragioni profonde che fanno aggregare le persone e che danno un criterio per l’azione.
A questo proposito, è provvidenziale che in questi giorni cada la commemorazione della Clara. La Boscaglia pensava al Partito come luogo capace di raccogliere, interpretare e ascoltare le esigenze del Paese. Un Partito fatto da gente che era capace di concepire l’impegno politico come servizio. Clara lo faceva e lo diceva. Ma non avrebbe mai permesso a nessuno di equivocare sul fatto che questo amore per il suo Paese coincideva con la passione per la militanza nella Democrazia Cristiana!
Mi permetto di ricordare, sempre a proposito della necessità di motivazioni dell’agire politico, una persona venuta a mancare in questi giorni: Don Sergio Severi, sicuramente una personalità diversa rispetto alla Clara, ma che nell’ambito del mondo cattolico ha anch’egli contribuito a stimolare un rapporto critico da parte dei cattolici circa la loro presenza e le radici del loro impegno. In questo momento c’è bisogno di uomini e di donne così, che abbiano una struttura morale e personale fortissima: diversamente non potremo reggere di fronte alle scelte che si presentano. Una osservazione sul clima che si vive spesso in questi giorni. Spesso leggendo la stampa sembra che ci sia confusione riguardo alla linea politica del Partito. Anche su questo occorre essere chiari. Noi non cambiamo la linea politica tutti i giorni: facciamo un Consiglio Centrale e fino all’altro Consiglio Centrale io non mi sogno di cambiare neanche una virgola di quella che è la posizione assunta dal Partito, indipendentemente da quello che possono scrivere i giornali. Se c’è una decisone importante da prendere è certo che bisogna riconvocare tutti gli organismi. Le decisioni di fondo sono decisioni di fondo. La linea politica non è mutata. Fate bene a pungolare, a richiamare, ma non dovete considerare quello che vedete tutti i giorni sulla stampa come decisioni nuove prese dal Partito, perché se il Patito deve prendere nuove decisioni, le deve prendere coinvolgendo tutto il Partito. Neanche il Segretario da solo le può prendere.
Certamente la comunicazione oggi ha un peso enorme; per questo dobbiamo misurare attentamente quando interveniamo pubblicamente, perché le posizioni che si esprimono non hanno solo il valore che noi gli attribuiamo, hanno il valore che gli altri vedono quando le leggono e nelle iniziative c’è un contesto che va tenuto in considerazione.
Il Partito ha in questo momento un grande dovere di aggregazione al suo interno, non diamo per scontata l’unità. L’unità bisogna costruirla tutti i giorni, bisogna lavorarci con una grande disponibilità all’ascolto reciproco, con una grande disponibilità a desiderare che l’unità ci sia, perché se si desidera essa emerge, se non si desidera non emerge. Allo stesso modo noi abbiamo una responsabilità maggiore nei confronti del Patto perché rappresentiamo più della metà delle forze che lo costituiscono. E’ quindi chiaro che a noi è chiesto di più. Quello che avete detto è vero: nonostante qualche iniziativa (vi ricordo l’incontro di novembre …) generalmente non è stato fatto un grande lavoro a livello di base nel Patto. Tuttavia questo non vuol dire che il lavoro non vada fatto, questo non vuol dire che non siano da valorizzare le esperienze di giunta dove sono positive, non vuol dire che non vada incrementato questo lavoro. Alcune leggi, come quella sulle residenze ad esempio, sono state il frutto di un lavoro continuo di mesi all’interno del Patto, altre invece non hanno visto lo stesso percorso di condivisione, ma anche così, accorgendoci di quello che non va, ma lavorando per superare le criticità, si può far crescere questa aggregazione.

Il progetto politico dunque c’è, semmai dobbiamo aiutarci a renderlo più esplicito e concreto. Il primo punto del progetto politico è fatto di quelle cose che dimostrano la capacità di questa maggioranza di dare soluzioni ai problemi del Paese. Non possiamo cioè pensare alla politica se non per questa funzione. La gente ci guarda per vedere se abbiamo delle proposte da fare in ordine ai problemi che stiamo vivendo.
Lo strumento individuato è l’aggregazione del Patto: noi ci siamo presentati agli elettori con l’idea che all’interno delle forze del Patto c’è la condivisione di questa visione, di questo programma, nonostante tutti i limiti e i problemi che ancora persistono. Anzi, proprio l’urgenza di concretezza che oggi il Paese reclama, sarà il banco di prova della tenuta di questa coalizione. Ma è da qui che oggi dobbiamo partire.
Nello stesso tempo ci interessa che anche altri dall’opposizione manifestino una attenzione nei confronti del nostro progetto, un’attenzione che può diventare una prospettiva per il futuro, ma questa prospettiva deve nascere e maturare all’interno del Patto e quindi dal proposito di rafforzarne il progetto. Su questo dobbiamo essere estremamente aperti, ma altrettanto chiari: non ci deve essere confusione. Il Partito deciderà se vorrà fare altro, ma fino ad ora la logica per cui ci si è mossi è questa.

I prossimi mesi saranno altrettanto difficili come gli ultimi e forse anche di più. Sarà allora sicuramente opportuno che la celebrazione dell’anniversario della Clara, la Festa dell’Amicizia e qualche altro momento forte di incontro prima del Congresso offrano l’occasione preziosa per approfondire queste questioni sia in termini di motivazioni politiche che in termini di progetto. Vorrei però che superassimo un certo modo di atteggiarci e che mi sembra attualmente molto diffuso nella nostra piccola realtà. Avverto tutti i giorni il dilatarsi di uno spirito distruttivo, di una volontà di demolizione, volta a diffondere una logica del sospetto per cui alla fin fine di tutti sappiamo la menzogna e gli errori e perciò nessuno ha più voglia di impegnarsi in nulla. Ritengo questo atteggiamento devastante per ciascuno e per la società in generale. Credo che noi dobbiamo smettere di preoccuparci di dire agli altri le cose che non vanno: diciamo invece le cose per le quali noi siamo disposti a lottare e lavoriamo e combattiamo per queste cose.