L’Eurovision song contest, nonostante si sia concluso sabato scorso nel Wiener Stadthalle di Vienna, continua ad essere un tema di estrema attualità nella maggior parte dei Paesi europei. Compresa la piccola Repubblica di San Marino, quest’anno rappresentata da Anita Simoncini e Michele Perniola che non sono riusciti a bissare l’impresa dello scorso anno di Valentina Monetta in Danimarca, mancando la finale della kermesse.
Alessandro Capicchioni, il capodelegazione di San Marino Rtv all’Eurovision song contest, racconta sulle co- lonze del nostro giornale cosa è mancato al Titano per staccare il pass per la finale e le sue impressioni sul concorso:
“Cosa giustifica la grande gioia del passaggio in finale nel 2014?
Il fatto che fosse una cosa così difficile e rara che eravamo tutti super contenti di esserci riusciti. Quest’anno non ce l’abbiamo fatta ma non è che possiamo farcela tutti gli anni… C’è un’altra cosa da dire: quest’anno il concorso ha stupito per qualità”.
Si spieghi meglio…
“A febbraio, quando ci sono stati i sorteggi delle semifinali, gli esperti del concorso hanno affermato che la seconda semifinale (in cui c’era San Marino, ndr ) era meno difficile rispetto alla prima, cosa finora mai successa perché ci siamo sempre beccati quelle difficili. Invece ci siamo trovati, in sede di presentazione pezzi, con Paesi che normalmente hanno una qualità altalenante come Slovenia, Cipro, Israele e Norvegia, che quest’anno hanno fatto un lavoro bellissimo, anche nella messa in scena coreografica: la Slovenia ha portato una hit che girava già in radio dal mese scorso, la Norvegia è riuscita a portare il Dogma (la corrente cinematografica danese, ndr ) sul palco, Israele ha fatto il tormentone dell’anno, Cipro ha portato una ballata delicatisica ed ecco che i posti per il passaggio in finale si sono esauriti. Infatti è rimasta fuori l’Islanda, che non accadeva da 8 anni. Tranne l’israeliano, che aveva 16 anni ma ne dimostrava 32, gli altri giovani sono tutti fuori: San Marino, Irlanda, Malta e Islanda”.
Quindi, secondo lei, le giurie e il televoto hanno voluto premiare cantanti più esperti musicalmente?
“Non so, non voglio dire questo. Quest’anno la Svezia ha vinto con un cantante di 29 anni. Certo, tra 16 e 29 anni ce n’è di differenza e sull’aspetto della sicurezza sul palco magari non eravamo al 100%. Il vincitore Måns Zelmerlöw era al terzo Melodifestivalen, ha la sua esperienza e si vede perché se fa un sorrisino scioglie tutti al televoto mentre l’irlandese si sentiva che nelle prove zoppica-va un po’… La cosa importante, a questo punto, è che Anita Simoncini e Michele Perniola siano tornati a casa con dignità e potranno riascoltarsi e rivedersi nel tempo dicendo: ‘Cavoli, che bello quel giorno! Noi eravamo lì’. Non c’è nessun rimorso, c’è stato un concorso davvero mol- to difficile. È chiaro che tutto è perfettibile. Potevamo decidere per un palco meno ‘caldo’ o con più effetti speciali ma volevamo fare la differenza con una messa in scena più intima, più da ballad”.
Ma era così difficile la 60a edizione dell’Eurovision song contest?
“L’Italia, rappresentata da Il Volo, ha portato un pezzo che avrebbe vinto almeno 50 delle 60 edizioni passate, a Vienna è arrivata terza. Questo per far capire la difficoltà del concorso quest’anno. Negli ultimi due-tre anni il livello musicale dell’Eurofestival è migliorato anche se rimane sempre del kitsch, qua e là. A me la Serbia non piace, qualcuno invece ne va pazzo. È difficile dare sempre spiegazioni precise, sono tantissimi i fattori in gioco essendo così ampio a livello geografico e culturale. È un concorso e te la giochi in 3 minuti. Basta una nuvoletta a cambiare le cose…”.
Con l’ingresso dell’Australia nella manifestazione canora europea, c’è il rischio che possa trasformarsi piano piano nel Mondiale della musica?
“Io spero che non venga fuori un Mondiale della musica, negli anni scorsi si era parlato di un’Eurovision song contest ‘asiatico’ o ‘statunitense’. Se cominciano ad andare a prendere Thailandia piuttosto che Filip- pine o il Venezuela, allora non ci andrò più. Mi è piaciuta l’idea di far partecipare l’Australia come ‘regalo’ per i 30 anni di messa in onda dello show, ma riportarla nel 2016 no, non sono d’accordo”.
E perchè?
“L’Esc è una cosa europea, se diventa mondiale deve cambiare il nome, togliere euro e farlo diventare Worldvision song contest”.
Capisco… Al suo ritorno da Vienna si è confrontato con il direttore generale di Rtv, Carlo Romeo? Cosa vi siete detti?
“Ho avuto un lungo colloquio con il direttore Romeo, che sostanzialmente chiede di rettificare, l’equivoco nato con Antonello Carozza, nostro direttore artistico nel 2015. Antonello si riferiva al futuro dei ragazzi, cioè il domani di Anita & Michele. Anita nelle Pepper-mints, Michele come solista, e forse con l’interessamento di Ralph Siegel. Riguardo, invece il futuro di San Marino nell’Eurofestival, di competenza della televisione, Romeo non ha confermato la partecipazione, siamo ancora in una fase in cui ci chiediamo se parteciperemo. L’annuncio potrebbe arrivare in autunno, se vengono soddisfatte le condizioni di partecipazione. Noi non chiediamo niente allo Stato e alla collettività, ma abbiamo bisogno di sponsorizzazioni. Se non arrivano, non si va. La partecipazione non è confermata dunque così come il team. Direttore artistico, cantanti, brano sono in stand-by, aspettiamo l’estate e poi quando arriva il primo autunno ne riparleremo”.
Vi siete già mossi per presentare una canzone e un’artista che rappresenti San Marino all’edizione 2016 dello Junior eurovision song contest?
“Per lo Jesc non possiamo aspettare l’estate, stiamo ancora vedendo se andremo a Sofia”.
Cosa cambierebbe nel regolamento dell’Esc?
“Secondo me, siccome ci sono le Big Five (Italia, Regno unito, Francia, Spagna e Germania, ndr ) che vanno in finale perché pagano di più, tra l’altro quest’anno erano in 4 in fondo alla classifica, allora anche i micro Stati devono avere il diritto di accedere direttamente all’ultima serata dell’Esc perché non hanno potere culturale, hanno meno soldi da spendere nelle produzioni eclatanti e nella promozione. Siamo svantaggiati in partenza, non abbiamo diaspora né Paesi amici. Abbiamo dimostrato l’anno scorso che i micro Stati possono andarci in finale comunque ma non è giusto faticare così. Questa è la regola che mi permetterei di cambiare. Inoltre in finale ci sono troppi concorrenti, troppe canzoni. Toglierei qualche Paese o qualcuna dei ‘Big 5’. Forse farne passare 7 per ogni semifinale anziché 10”.
Cosa le affascina dell’Esc?
“L’olimpicità dell’evento: dopo che ci si era bombardati durante la seconda guerra mondiale, negli anni ’50 le bandiere di tutta Europa si riuniscono sotto lo stesso e unico tetto. Ci deve essere questa spinta verso la pace altrimenti, se non c’è la contro-spinta, le tensioni vanno a comprimerla. Andarci ed esserci è bellissimo, anche in senso di fratellanza dei popoli”.
Andrea Lattanzi, La Serenissima