Il carcere: una barbarie. Quest’anno già 59 suicidi in carcere … di Sergio Pizzolante

Il carcere: una barbarie.
Quest’anno già 59 suicidi in carcere.
16 in agosto, uno ogni due giorni.
L’anno passato sono stati 51.
Delle 59 persone che quest’anno si sono suicidate solo 25 erano in detenzione definitiva, 34 persone erano in stato di carcerazione preventiva. Quasi il 60 per cento.
E tutti i dati dicono che nelle carceri italiane circa il 50 per cento delle persone sono in stato di carcerazione preventiva.
Gli stessi dati ci dicono che queste persone saranno assolte nel 50 per cento dei casi.
Non è semplicistico dire che almeno la metà delle persone in stato di carcerazione preventiva che si sono tolta la vita erano innocenti.
Una barbarie.
Ma è una barbarie in assoluto, anche per le persone colpevoli.
Condannate in via definitiva oppure no.
Ma è una barbarie, in assoluto, il sovraffollamento. 4 o 5 o 6 essere umani in una gabbia putrida, fatiscente, un forno d’estate una cella frigorifera d’inverno.
Sono numeri e tragedie umane spaventose.
Sono il risultato della nostra cattiveria, della nostra ignoranza.
Quando una persona va in carcere, spesso, troppo spesso, preventivamente, noi l’abbiamo già condannata, l’abbiamo già espulsa dal genere umano, mentre accarezziamo il cane o il gatto che abbiamo in casa, guardiamo la sua famiglia con diffidenza.
Quando esce dal carcere si trova in uno stato di isolamento sociale o di morte civile.
Chi assume o, più semplicemente, costruisce relazioni professionali, oltre che umane, con chi è stato in carcere?
Da molto tempo, da decenni, anche con chi è stato toccato solo da un avviso di garanzia.
Ecco la disperazione delle 59 persone che si sono tolte la vita quest’anno e delle oltre mille salvate all’ultimo momento.
Tutto questo è figlio della nostra cattiveria e della nostra ignoranza.
Che ci ha portato a votare in massa il partito più giustizialista della storia. Ad esempio.
Molti partiti giustizialisti nella nostra storia.
Che ci ha portato a far crescere trasmissioni televisive e giornali che fondano la loro esistenza sulla mortificazione e sulla persecuzione delle persone.
Che sullo scandalo, sulle tragedie, sui moti di odio sociale, ha portato i parlamenti e i governi a legiferare per armare l’accusa, lo scandalismo mediatico, disarmando, annichilendo, difesa e buonsenso. E giustizia e civiltà.
E le procure, l’accusa, ad esercitare un potere assoluto, di vita e di morte delle persone.
Ma non è agli altri che dobbiamo rivolgere lo sguardo per capire le responsabilità.
Dobbiamo guardare a noi stessi, quando sorridiamo ad un Travaglio o a un Floris, ad esempio.
A noi stessi quando gioiamo per le disgrazie dell’avversario politico.
A noi stessi quando andiamo su internet e decidiamo di non interloquire con la persona che ha avuto una qualche disavventura giudiziaria.
È tutto, anche, sulle nostre coscienze.