Quante volte avete visto determinati album fotografici di un locale e quante volte vi siete detti: queste foto sono delle assolute fonti d’inspirazione, una più bella dell’altra. Oppure: queste foto raccontano una serata più di una confessione, le guardo tutte anche se quella sera non ero in quel locale. E che invidia inconscia nel vedere ciò che ha provato la gente quella sera quando tu eri da tutt’altra parte, chissà dove, chissà come. Questo è il caso degli album fotografici esemplari, del Cocoricò e dei suoi fotografi in generale, chi prima, chi dopo, e chi oggi intervistiamo. Badate bene, da amante della fotografia questa intervista rappresenta tanto, ma ancor più importante rappresenta una categoria di addetti ai lavori che da sempre viene trascurata nel clubbing. Certi locali devono tanto a chi porta in alto il loro marchio e la fotografia è sicuramente un elemento da non sottovalutare nel mondo di oggi dove –molto spesso si sbaglia– solo il dj è figura principale di una serata.
Una storia che forse più di ogni altra può raccontare il Cocoricò. Oggi raccontiamo una storia assieme a Michael Felici; fotografo del Cocoricò per diversi anni, alternandosi tra i meandri della Piramide, Titilla, Tunga, Ciao Sex e tutto quello che ruota attorno ad un luogo che negli anni ha animato creatività artistica, innovazione e trasgressione esteta.
Sei stato per anni il fotografo ufficiale del Cocoricò. Cosa può raccontare un fotografo che ha ritratto i più bei momenti di uno dei maggiori club ricordati in Europa?
Di racconti ce ne sarebbero veramente tanti. Posso dire di aver vissuto a pieno il Cocoricò e le opportunità/situazioni che si sono presentate nei miei anni di lavoro all’interno di questa discoteca e allo stesso tempo azienda, che dietro alla “serata in sè” produce e crea tutto ciò che serve ad un evento. Ho avuto l’opportunità di occuparmi non solo della fotografia, ma anche di vari ambiti multimediali come la grafica, il web, i social network, potendo quindi vivere non solo la diretta di ogni serata, ma anche i retroscena. Ci tengo a ringraziare Mauro Bianchi, che ha creduto in me e nelle mie potenzialità fin da subito, seppure la mia giovane età, e mi ha permesso di crescere professionalmente all’interno dell’azienda.
Hai passato sicuramente un gran numero di serate a vivere il Cocoricò come nessun altro. Cosa può confessare la tua mente dietro la fotografia del mondo della notte? E’ ancora oggi un mondo “da ricordare” più che “da bere”?
É assolutamente un mondo da ricordare. Tanto che io ho potuto fotografare centinaia di migliaia di istanti, persone, situazioni, delle quali tante degne di essere ricordate (e salvate sulla memory card). La reflex mi ha permesso di regalare momenti a chi si è addentrato nel locale n.1 d’Italia, e 16° nel mondo. Spesso la fila al bar era uguale a quella intorno a me per fare una foto. Quindi sicuramente il ricordo è qualcosa a cui le persone danno molta importanza. Me compreso. Inoltre, se si imposta la fotografia non come una catena di montaggio (come la maggior parte degli album fotografici d’eventi che si vedono in giro, in cui l’inquadratura non cambia mai, o quasi, e il fotografo scatta a random) ma si cerca di stupire, di evidenziare aspetti originali e mostrare sempre qualcosa di nuovo, allora ecco che la fotografia diventa importantissima. Sono dell’idea che investendo nella fotografia un locale possa seriamente differenziarsi e creare un cerchio di interesse molto più ampio, aumentando quindi anche i suoi guadagni. Questo quasi tutti lo sottovalutano…
Tralasciando il discorso fotografia, che musica ti piace ascoltare?
Non ho un genere, sono molto aperto sulla musica. Mi ritrovo dall’ascoltare il funky fino alla musica country. Amo il Blues and Folk Rock e ascolto spesso musica Pop (la così detta commerciale). Per quanto riguarda la musica dei club, non amo i dj-set troppo ripetitivi. Preferisco chi inserisce sempre suoni e ritmi differenti. I miei djs e producers preferiti sono Solomun, Fritz Kalkbrenner, Ricardo Villalobos, Luciano e Loco Dice.
Vogliamo raccontare il mondo della notte da ricordare più che da bere. Cosa ti porti dietro queste fotografie? E qui la gente si chiede… di storie strane da svelare chissà quante ne avrai…
Dietro queste fotografie, mi porto delle storie, anche molto strane e inverosimili. Mi porto dietro rapporti creati con le persone, legami, risate, e anche tanto lavoro. Una cosa che si impara scattando in un posto del genere, è quella di rapportarsi con qualsiasi tipo di persona, dal manager di uno sponsor in giacca e cravatta, al ragazzino in canottiera tutto sudato che ti urla: “oooh fotografo scatta sta foto!” Ho ricevuto persino minacce di morte per delle foto. Ci sono state proposte sessuali al fine di cancellarne o scattarne una in più. C’è stato di tutto. Un giorno una ragazza, dopo una veloce chiacchierata, per dimostrarmi di avere partorito pochi giorni prima, in mezzo alla pista si tira su la maglietta, e stringendosi il seno mi spruzza il “suo” latte addosso.
Incredibile…
Un’altra volta invece un ragazzo, in preda all’euforia e all’alcool, arriva da me con il fiatone, e mi chiede: “scusami hai visto il fotografo? Era qui un secondo fa!!!” In quel momento avevo in una mano la reflex e nell’altra la luce (essendo io il fotografo che cercava). Incredulo gli dico scherzando: “è andato di là!” e lui senza dire altro si mette a correre verso quella direzione.. E questo è niente.. ce ne sarebbero veramente troppe da dire…
Descrivici la serata quando fotografi; cosa cerchi in ogni scatto, dove guardi, come ti muovi, dove vai a cercare? Come si può descrivere la serata di un fotografo?
Non si può definire la serata di un fotografo, poiché ognuno lavora in maniera molto differente. Io personalmente mi guardo sempre intorno, cercando molti aspetti e momenti naturali, senza forzature, senza pose. Questo non è stato immediato. Negli anni ho capito che dovevo sempre più raccontare e sempre meno scattare fotografie impostate. Do molta importanza alla persone, ai loro movimenti, ai loro dettagli. Ad una caratteristica del viso, ad una calza strappata, ai loro sorrisi, a chi balla senza pensare a niente, ad una luce che evidenzia un aspetto e lascia in penombra tutto il resto… Tutto serve per regalare un ricordo differente, e dare al locale un servizio di qualità.
Parlando del Cocoricò: quali sono gli aspetti più nascosti che ti hanno dato l’inspirazione per uno scatto? Personaggi, costumi, modello di serata, djs, le diverse location… le calze a rete…
Sicuramente, l’aspetto più sottile da cogliere, ma per me il più importante è che a differenza di tutti gli altri club in cui sono stato e ho lavorato, lo staff del Cocoricò è costituito da persone completamente diverse fra loro e allo stesso tempo competenti. Questo ha permesso di creare ambienti, situazioni e atmosfere di vario tipo e permeabili fra loro. Spostandosi da una sala all’altra, vivendo un evento oppure un altro, si incontra gente differente poiché ogni ambiente ha un suo stile e un suo messaggio. E quindi questo mi ha aiutato nel fermare una varietà infinita di momenti, unici.
Qual è stata la tua miglior notte passata al Cocoricò che più ricordi e perché?
Facile. una serata del Tunga. Il Tunga è per un cliente uno stile di serata, gay-friendly e aperta a tutti. Per me è anche una famiglia di persone che lavorano e si accettano, e che realizzano qualcosa di più grande di una serata. Quando sei al Tunga e ti lasci andare, respiri libertà. Respiri la voglia di ballare. Respiri la sensazione di poter fare quello che vuoi, senza essere giudicato. Vedi persone di tutti i tipi, che saltano, urlano, ballano, si baciano, ma con una cosa in comune, a differenza delle altre serate, loro sono lì solamente per divertirsi. E c’è un fine serata in cui più di tutte le altre volte, dopo alcuni drink e centinaia di foto, mi sono lasciato andare. Ho cominciato a ballare, a conoscere gente, ragazze. Mi sono lasciato trasportare evadendo dai pensieri. Mi abbracciavo con tutti, saltavo con la gente e continuavo a scattare. Scattavo fotografie ballando, salivo sul bancone del bar, scattavo foto trasgressive, sul palco, in bagno… La gente ballava e sembrava libera da tutto. Si era creata un’atmosfera difficile da descrivere.
Parlando di belle situazioni e di libertà. Un fotografo che ritrae il magico mondo della club cultura, se ancora esiste una club culture, cosa può criticare/elogiare a questo mondo?
Il difetto più grande secondo me, oggi nei club, è quello di valorizzare solamente la musica; il dj rendendolo quasi una star. Il ruolo del dj è importante, è essenziale, per far si che le persone apprezzino una serata. Ma non è l’unico. Dietro ad un evento ben fatto c’è davvero tanto da fare e tanto da evidenziare.
I punti cardine non ci sono più…
Se il mondo della notte modificasse i suoi punti cardine, tentando di valorizzare anche altri aspetti, come gli spettacoli, gli elementi inusuali, le espressioni artistiche e multimediali, investendo quindi su aspetti importantissimi e meno trattati, sicuramente sarebbe tutto più originale e d’impatto, rispetto alla maggioranza dei club, uniformati e con la stessa ideologia
Una domanda legata agli artisti: quali sono state le migliori performance vissute. E chi, in definitiva, è l’artista più “folle” che hai potuto conoscere e/o fotografare?
La migliore performance che ho vissuto in diretta, è stata per me senza ombra di dubbio quella di Ricardo Villalobos (Halloween 2014) che ha fatto un set incredibile, di cambi ritmici e musicali inverosimili, con uno stile e un modo di fare totalmente rilassato, quasi sensuale. Le persone erano impazzite. L’artista più folle è stato invece Steve Aoki, che ormai però ha reso le sue azioni una semplice mossa di marketing, ripetitiva e continua. Però è comunque impattante vedere dal vivo un dj di tale fama, buttarsi fra la gente, lanciare torte o qualsiasi cosa gli capiti per mano, strappare la pistola del fumo (gas ghiacciato ad aria compressa) e sparare sulla gente. Scolarsi bottiglie, bagnarsi tutto e continuare a suonare.
L’artista con le richieste più insolite?
Fra le richieste più folli dei dj vince quella di Four Tet che ha preteso in console, invece dei soliti alcolici come tanti dj, cose come orsetti gommosi, succo di mango, biscotti, kinder, ed M&M.
Quali sono le difficoltà, oggettive e soggettive, che un fotografo va incontro quando fotografa in una serata? La curiosità ci spinge a saperne di più, credo che non tutti sappiano ritrarre o siano capaci di fotografare in ambienti così particolari, stando attenti agli effetti luce e sonori e via discorrendo…
La difficoltà più grande non sta nella tecnica fotografica, ma nelle emozioni, ed è la paura. Si, perché per fare un buon lavoro, nel mondo della notte, bisogna non avere paura. Chi scatta e si fa “comandare” dalle persone, non realizzerà mai un bell’album. Bisogna essere padroni della serata, gestire e scegliere come fotografare, quando e perché. Sapere dire di no alle richieste più scontate, sapere far ballare, far divertire e far sentire a proprio agio di fronte all’obiettivo. Potendo quindi costruire una fotografia che nasce da un’idea, e non da un click. Per tanti sembra impossibile, nel frastuono, nel caos e nella confusione più totale. É proprio questo il segreto, secondo me: saper ragionare velocemente, leggere i momenti chiave di una serata e decidere cosa e come fotografare, SEMPRE, senza che lo facciano gli altri per te.
In un mondo dove la fotografia è diventata comune a tutti, vedi la potenza di Instagram, qual è il concetto finale di bellezza in una foto?
Una foto che sappia sempre trasmettere un emozione. Le foto che guardi per mezzo secondo, e scorri, possono essere anche “belle”, ma non hanno trasmesso niente. Nel mondo di oggi, in cui tutti possono scattare, in cui tanti realizzano foto “belle”, o tecnicamente accettabili, continuano comunque ad essere in pochi coloro che emozionano. Questo è l’aspetto più importante.
Fonte: clubberconfession.com