“Le guerre e le epidemie sono invenzioni dei Governi per diminuire il numero dei cafoni. Si vede che adesso siamo di nuovo troppi”.
Non dico nulla di nuovo se affermo che tante persone oggi preferiscono parlare del più e del meno anziché di covid (salvo restare appiccicati ai televisori quando i tg vari cominciano a ‘dare i numeri’ sui contagi). Il ragionamento che pare lineare ai più è che se ci sono delle regole vanno rispettate e il confronto rischia solo di sfociare in uno scontro. Da parte mia mi trovo come don Milani a credere fermamente che ci siano invece delle volte in cui è doveroso disobbedire. Dire queste cose apertamente – ha ragione Diego Fusaro – equivale a mettersi una croce addosso invitando gli altri a sparare. C’è però anche chi non ‘spara’ ma è piuttosto disponibile al confronto. Si tratta di persone che usano parole semplici perché sono state pensate per capire e far capire. Nulla è più difficile – sosteneva Calvino – che scrivere in modo semplice. Tra coloro che pomposamente chiamo miei amici, uno porta il nome di Ignazio Silone, nome da lui scelto dopo essere stato costretto a cambiare identità e fuggire in Svizzera perché considerato pericoloso dal fascismo. Quando tutto è finito – perché ogni follia è destinata a finire – il livello letterario dei suoi libri non è passato inosservato e oggi lo riconosciamo universalmente come uno dei più grandi scrittori italiani. Così come tutti i grandi della nostra letteratura, Silone non viene più letto. Uno dei suoi libri più citati si intitola Fontamara e ha come protagonista la storia dei cafoni abruzzesi. All’improvviso queste persone – siamo negli anni del fascismo dove il sindaco è sostituito dal podestà – che non possiedono nulla e che ogni giorno si muovono in cerca di lavoro, si trovano a fare i conti con la tessera che viene chiesta appunto per lavorare. Ovviamente i cafoni della tessera non sanno nulla e cadono dalle nuvole e i carabinieri rispondono che da oggi è così, che questi sono gli ordini e che senza non si lavora.
“Cosa c’entra il Governo coi cafoni che vanno in cerca di lavoro da una provincia all’altra?- si legge nel libro – I governanti hanno altro da pensare” dissi. Questi sono affari privati. Solo in tempo di guerra si ammettono prepotenze simili. Ma adesso non siamo in guerra”. […] “Se il Governo impone la tessera vuol dire che siamo in guerra” continuò in tono lugubre il generale”. “Contro chi la guerra”? chiese Berardo. E’ possibile che siamo in guerra senza che se ne sappia nulla”? Le guerre son i cafoni che le combattono, ma sono le autorità che le dichiarano. “Le guerre e le epidemie, disse il vecchio Zompa, sono invenzioni dei Governi per diminuire il numero dei cafoni. Si vede che adesso siamo di nuovo troppi”.
Ecco, forse l’unico modo per riuscire a insinuare un dubbio nelle menti di chi ha scambiato per angeli inviati da Dio chi ci vuole tamponati e vaccinati a vita (George Soros e Bill Gates hanno investito 41 milioni di dollari nel business dei tamponi rapidi), è girare con qualche pagina strappata da qualche vecchio libro. O sarà considerato anche Silone un pericoloso complottista? Il problema in fondo – anche se ovviamente si tenta di far passare come vero il contrario – è solo culturale, ed è principalmente per mancanza di cultura che non osiamo nemmeno più insistere per i nostri diritti. “Non serve avere ragione, diceva il generale Baldisserra, se manca l’istruzione per farla valere”.
Olga Mattioli