Il comunismo è una ideologia criminale che ha causato cento di milioni di vittime nel mondo, ammantandosi immeritatamente di un’aura di giustizia e di progresso. Ovunque gli “ideali” del comunismo abbiano avuto una applicazione concreta la regola è diventata la negazione della libertà di espressione, la repressione brutale di qualunque dissenso, l’internamento in campi di sterminio e i gulag. Mentre in Unione Sovietica si internavano i dissidenti e nella Cina della rivoluzione culturale si “rieducava” chi la pensava diversamente, nei Paesi occidentali (quello italiano in primis) i partiti comunisti sfruttavano abilmente la libertà di parola e di pensiero caratteristiche delle democrazie per propagandare false promesse di liberazione del proletariato con la lotta, spesso tragicamente armata, e per imporre un pensiero unico, ufficialmente progressista e intellettualmente attraente. Già, gli intellettuali progressisti, che ieri storcevano il naso davanti agli scritti di Solženicyn e ammiccavano alla Cambogia di Pol Pot, applaudivano i carri armati sovietici a Budapest nel 1956, si giravano dall’altra parte durante l’altro ’68, quello della Praga di Dubcek e di Jan Palach, oggi vorrebbero stendere un velo di oblio su questa storia che gronda sangue e riciclarsi come ambientalisti, pacifisti o come falsi difensori dei poveri e del muticulturalismo. Nel contempo continuano ad avere un atteggiamento di benevolenza verso altri regimi criminali comunisti come Cuba, Korea del Nord e Cina. Non paghi della violenza e dell’ipocrisia insita nel loro Dna, i riciclati nipotini di Stalin, il 27 gennaio hanno commemorato la giornata della memoria in ricordo delle vittime del nazismo con grande sfoggio di mostre e dibattiti pubblici. L’ intento (ovviamente non dichiarato) non era certo quello di rimpiangere i 6 milioni di ebrei sterminati da un’ideologia atea assassina non dissimile dalla loro (vedi il patto di amicizia nazi comunista Ribbentrop Molotov), ma di mostrare agli italiani quanto i “neri” (e pure i “bianchi”, leggasi le accuse a Pio XII di collateralismo al nazismo) siano cattivi e i rossi buoni. Una menzogna colossale! Ciò che maggiormente sconcerta e rattrista nel vedere le chiassate propagandiste di chi ha milioni di scheletri nascosti negli armadi, non è tanto la strumentalizzazione della Shoah per fini propagandistici e politici (a chi è senza scrupoli, speculare sui morti altrui sovviene normale), ma il fatto che i discendenti dell’ideologia più sporca della storia, non hanno ancora chiesto scusa all’umanità per le nefandezze inferte all’umanità. Gianpaolo Pansa, l’unico ex compagno che con i suoi libri ha smascherato e sbugiardato le “conquiste” dei partigiani rossi, è stato messo alla gogna e al pubblico ludibrio dall’intera classe dirigente progressista italiana. Mai si è sentito in Italia, un solo politico di sinistra “massimalista” o moderata (Partito Democratico) rinnegare le sue origini. La Chiesa Cattolica ha umilmente chiesto scusa per errori che non aveva nemmeno compiuto (l’attuale papa Ratzinger, a differenza del papa polacco non era d’accordo sull’atto del mea culpa), mentre chi ha promesso paradisi artificiali e ha realizzato sangue, morte e povertà, siede impunemente sugli scranni degli organi istituzionali. Se il partito fascista è stato giustamente dichiarato fuorilegge, è normale e soprattutto morale, che chi ha usato la falce il martello per eliminare gli avversari possa rappresentare la volontà degli italiani e soprattutto impartire lezioni di moralità a chi ama le donne più dei sodomiti? La differenza tra criminali neri e rossi è una sola. I neri erano degli ottimi fotografi che amavano documentare i loro misfatti, mentre i rossi nonostante la superiorità dei “nemici del popolo” soppressi, scelsero di non lasciare alcuna traccia visiva compromissoria. La differenza, è tutta qui: tra criminali furbi e meno furbi.
Gianni Toffali Verona