La recente macroscopica vittoria elettorale della Dc segna un momento di continuità nella storia politica del Paese, aprendo la porta a una riflessione profonda sul suo futuro. La domanda centrale è se la “continuità” rappresenti davvero la strada più adatta per l’Antica Repubblica. Per rispondere, o almeno provarci, possiamo trarre spunti preziosi dall’esperienza del Regno Unito, dove il Partito Conservatore ha governato per 14 tumultuosi anni.
L’isola ha vissuto una serie di crisi e cambiamenti ideologici all’interno dei “Tory”, che hanno avuto un impatto significativo sulla società britannica. Leader dopo leader, da David Cameron a Rishi Sunak, l’Inghilterra ha subito una sequenza di eventi destabilizzanti che mettono in luce i potenziali rischi di una eccessiva enfasi sulla continuità politica ad ogni costo.
Stoke-on-Trent è un esempio emblematico delle conseguenze negative di una stabilità apparente. Durante il governo Cameron, la città ha subito tagli devastanti ai servizi pubblici, come biblioteche, centri comunitari e programmi per l’infanzia, a causa delle misure di austerità. Il forte sostegno della popolazione locale al referendum sulla Brexit del 2016 non ha portato i benefici concreti sperati, lasciando molti cittadini delusi. Sul fronte economico, Stoke-on-Trent ha visto un declino con strade commerciali vuote, salari bassi e servizi pubblici in crisi. La frustrazione tra i cittadini è cresciuta a causa della mancanza di miglioramenti tangibili, nonostante i frequenti cambiamenti di leadership e le promesse.
San Marino, con la sua tradizione di governance attenta e prudente, ha recentemente riconfermato di fatto la sua fiducia nei conservatori. Una scelta che, sebbene rassicurante in quanto rappresenta un baluardo contro l’incertezza, richiede un’attenta valutazione per determinare se sia sufficiente a rispondere alle indispensabili esigenze di rinnovamento e progresso.
Il rischio principale di una scelta conservatrice è la possibilità di un immobilismo che potrebbe ostacolare le riforme fondamentali per affrontare le sfide moderne.
Eppure, negli ultimi anni, chi ha bloccato o ha provato a bloccare investimenti e investitori sul Monte Titano, non è stata certamente la Dc. E questo è un fatto.
Va da sé che San Marino dovrà confrontarsi con problemi globali come la sostenibilità economica, la transizione ecologica e l’inclusione.
La storia di Stoke-on-Trent insegna che l’inerzia può condurre alla stagnazione economica e sociale. Per evitare di incorrere in simili problemi, il Titano deve adottare una visione lungimirante che contempli interventi strutturali e investimenti nell’innovazione.
La classe politica sammarinese ha il dovere di imparare dalle esperienze internazionali, come quella britannica, e di abbracciare una visione che consideri il cambiamento quale elemento essenziale per il miglioramento continuo della società. Solo attraverso un sano equilibrio tra continuità e innovazione San Marino potrà costruire un futuro positivo.
A rassicurare tuttavia ci pensa il Segretario agli Esteri, Luca Beccari, che in una recente intervista rilasciata proprio al sottoscritto, ha affermato: “A San Marino, la distinzione tra conservatori e progressisti è spesso più ideologica che reale. Il nostro Paese è conservatore nel senso che fatica ad abbracciare il cambiamento, il che è stato sia una forza che un limite. La realtà però dice che le riforme necessarie ai bisogni dei cittadini, sono state spesso portate avanti proprio da forze considerate conservatrici. Dobbiamo essere capaci di riformare mantenendo le nostre caratteristiche uniche, senza perdere la nostra identità”.
Un ragionamento che troverebbe d’accordo anche George Bernard Shaw: “Il progresso è impossibile senza cambiamento, e coloro che non possono cambiare idea non possono cambiare nulla”.
David Oddone
(La Serenissima)