Cinque anni. Cinque lunghissimi anni in cui la vita di un gendarme è stata segnata dall’accusa ingiusta e dalla denuncia di un fatto mai accaduto. Un’interminabile battaglia per dimostrare l’innocenza in un’assurda vicenda, andata in scena presso il Tribunale di Rimini, che ha sconvolto il mondo di un sammarinese, rovinandogli il lavoro, gli affetti e la serenità.
Un caso di scambio di persona che ha portato a conseguenze devastanti, compresa la “solita” sovraesposizione mediatica.
L’accusato ha dovuto affrontare il peso di giustificarsi mese dopo mese, cercando di dimostrare la sua innocenza, finendo oggetto di pettegolezzi e calunnie.
In un Paese che si fonda sui principi del garantismo e della presunzione di innocenza, è fondamentale che gli stessi giornalisti si adoperino per un’informazione responsabile. Dovrebbero smettere di sbattere il mostro in prima pagina, provando invece a mettersi dalla parte degli indagati e degli imputati, cercando di mantenere un equilibrio e una certa distanza emotiva dai fatti oggetto dell’indagine.
E pensare che chi, nel recente passato, provava doverosamente a dare voce anche a quanti erano finiti sotto indagine, veniva tacciato di essere un fiancheggiatore!
Per fortuna di acqua sotto i ponti ne è passata, qui sul Monte.
Il Tribunale di San Marino ha intrapreso un nuovo virtuoso corso sotto la capace guida del Presidente Canzio e del Segretario alla Giustizia, Ugolini.
Il garantismo è una pietra angolare dello Stato di diritto, un principio etico e giuridico che afferma che ogni persona è innocente fino a prova contraria.
Non si tratta di proteggere i colpevoli ovviamente, ma di affermare che la giustizia agisca in modo equo e che nessuno venga condannato ingiustamente.
Nessuno dovrebbe subire il peso di una accusa, o addirittura di una condanna, senza prove concrete e senza un processo giusto e imparziale.
Il caso, che ha visto coinvolto un servitore dello Stato, dovrebbe fungere da avvertimento per tutti noi riguardo alla necessità di rispettare i principi del garantismo e della presunzione di innocenza.
Platone, dalla culla della cultura dell’umanità, affermava già che “il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusta senza esserlo”.
Dobbiamo allora imparare a essere più prudenti nell’emettere verdetti pubblici e nell’additare chicchessia in assenza di elementi certi e definitivi.
Parallelamente siamo di fronte ad un monito per una riflessione collettiva sulla responsabilità dei media, sulla correttezza delle informazioni diffuse e sulla necessità di rafforzare ulteriormente il sistema giudiziario e renderlo sempre più conforme ai dettami della Cedu, per assicurare un futuro più giusto a ognuno di noi.
David Oddone
(La Serenissima)