Il caso di Saman Abbas, la giovane di 18 anni trovata morta e sepolta vicino alla sua casa, continua a scuotere l’opinione pubblica. Durante il processo di appello a Bologna, i genitori della ragazza, Nazia Shaheen e Shabbar Abbas, si sono dichiarati innocenti in merito alla morte della figlia, accusando una tragica serie di eventi che hanno portato alla sua scomparsa e morte tra il 30 aprile e il 1 maggio 2021.
La madre di Saman, visibilmente provata, ha preso la parola in aula, in lacrime, per raccontare la sua versione dei fatti: “Non sono stata io a uccidere mia figlia. Io non sono viva, mi sento morta dentro e passerò il resto della mia vita nel dolore”, ha detto, con il volto segnato dalle lacrime. Indossando un abito tradizionale pachistano e un velo blu scuro, la donna ha spiegato che, nonostante sembri in vita, il suo cuore è devastato dalla perdita e dalla continua sofferenza. “Ho cercato di tornare in Italia per raccontare la verità. Saman è sempre nei miei pensieri, non riesco a dimenticarla.”
Secondo la testimonianza della madre, la sera del 30 aprile 2021, Saman stava cercando di allontanarsi dalla famiglia, esprimendo il desiderio di tornare in comunità. “Abbiamo cercato in ogni modo di trattenerla, ma lei sembrava decisa a partire. Ho visto Saman allontanarsi velocemente, poi è sparita nel buio della notte”, ha raccontato. Dopo questa dichiarazione, la donna ha chiesto la sospensione dell’udienza, visibilmente scossa.
In risposta alle accuse, Nazia Shaheen ha voluto sottolineare con forza che non è stato lei né suo marito a causare la morte di Saman. “Abbiamo fatto fatica per crescere i nostri figli, non meritavamo questo dolore. Il mio cuore è spezzato, e lo sarà per sempre”, ha concluso, confermando la sua estraneità ai fatti.
Anche il padre di Saman, Shabbar Abbas, ha ribadito in aula la sua innocenza. Condannato anch’egli all’ergastolo in primo grado, ha ripercorso gli eventi della notte del 30 aprile, raccontando di essere uscito di casa insieme alla moglie mentre Saman si dirigeva verso la strada buia. “Non abbiamo visto nulla, né sentito voci. C’era stata una telefonata di Saman che chiedeva aiuto, ma pensavo fosse il ragazzo con cui stava. Per questo ho chiamato Danish, per avvisarlo di intervenire, ma non immaginavo nulla di grave”, ha spiegato.
Secondo il padre, l’indomani, quando ha chiesto a Danish cosa fosse successo, gli è stato riferito che non c’era stato alcun incontro con il ragazzo. “Nessuno è venuto sul posto, poi siamo partiti per il Pakistan”, ha aggiunto. Le dichiarazioni dei genitori di Saman, purtroppo, non hanno ancora chiarito i tragici eventi che hanno portato alla sua morte, lasciando aperti numerosi interrogativi su quella notte fatale.
Il processo continua a rivelare dettagli drammatici di una tragedia familiare che ha scosso profondamente la comunità.