Segnaliamo il film che in questi giorni verrà proiettato nelle sale cinematografiche della nostra Repubblica “Uomini di Dio” del regista francese Xavier Beauvois. Il film, vincitore lo scorso maggio del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, racconta la storia di otto monaci francesi appartenenti all’Ordine dei Cistercensi di Stretta Osservanza, sette dei quali furono uccisi nel 1996 in circostanze ancora misteriose presso il monastero di Tibhirine, vicino alla città di Méedéa, novanta chilometri a sud di Algeri, dov’erano in missione.
E’ la storia della loro vita nel monastero – il lavoro e la preghiera – dei legami di amicizia e affetto che li stringono alla gente di religione islamica con cui condividono difficoltà e gioie, dell’opera di carità che svolgono tra di loro, come le cure mediche fornite dall’anziano padre Luc anche a centocinquanta persone ogni giorno, fino a quell’ultimo “sì” detto nella decisione a restare, non senza paura e neppure senza incertezza. E’ “per un amore più grande” come racconta padre Luc a una ragazza innamorata, che lui e i suoi fratelli sono là ed è questa “la chiave di volta” di tutto il film.
E’ un film bellissimo, dove gli sguardi e i silenzi hanno la stessa intensità delle parole, delle preghiere e dei gesti.
E’ veramente una piacevole e confortante sorpresa vedere come Beauvois, regista laico, sia stato capace di uno sguardo così onestamente e totalmente “cattolico” e come la laicissima Francia abbia risposto tributando al film un inatteso boom di incassi. E’ la conferma che, quando non si sovrappone l’ideologia, il cuore è attratto e commosso dalla bellezza e dalla verità della vita cristiana in atto.
Il film ci pare assuma in questo momento un ulteriore significato e valenza culturale.
In un mondo dove sembra inconciliabile la cultura musulmana con la nostra tradizione occidentale, il “grazie” che padre Chrsitian ha scritto nel suo testamento, indirizzato alle persone cui voleva più bene e anche all’uomo che, come presumeva, l’avrebbe ucciso qualche mese più tardi, è come uno squarcio di luce nelle tenebre, un segno per tutti gli uomini, in qualsiasi condizione e circostanza, del valore umano e culturale di quell’ “amore più grande” continuamente e così efficacemente suggerito dal film.
Cooperativa Culturale Il Sentiero
