C’è qualcosa di inquietante quando in un Paese ci sono risorse concentrate a fare in modo che l’umore resti nero.
Questo proprio mentre ovunque nel mondo ci si sta disputando le quote di valore aggiunto rappresentate da un elemento emotivo fondamentale come la fiducia. Ma come aver fiducia nel sistema finanziario, in particolare nelle banche, con tutto quel che è stato scritto? E come non parlare, del resto, di cose che sono realmente accadute? Ho pensato spesso in questi giorni al gioco degli equilibri, concetto caro a chi da tutta la vita si occupa di economia bancaria. Da una parte era essenziale dare conto nel dettaglio di ciò che era accaduto.
Si rischiava è vero di esasperare un clima già difficile ma i giornalisti devono fare il proprio mestiere e le persone hanno il diritto di potersi formare un’opinione attingendo al racconto dei fatti. In tutto il mondo le cose sono andate più o meno così ma l’impressione è che qui più che altrove ci si sia scagliati contro le banche, contro ciò che rappresentano, come fosse l’origine di tutti i mali.
Personalmente credo ci sia alla base un errore concettuale e ritengo che più che continuare a puntare il dito verso le banche, che erogano risorse che sono linfa vitale della nostra economia e creano posti di lavoro (negli ultimi mesi Asset Banca ha assunto 10 persone), si debbano circoscrivere le responsabilità alle persone che giustamente non possono che rispondere del proprio operato.
Non farei così di tutta l’erba un fascio e auspicherei una riflessione anche sul lato buono della finanza, per prendere coscienza di uno scenario dove esse fossero chiamate a rimanere fuori dai giochi. Uno scenario da Medioevo come quello siriano. In questo tempo trascorso a guidare Asset Banca ho condiviso conoscenze, esperienze, visioni e sogni. E naturalmente ho dovuto abituarmi al volto più difficile di questo mestiere, segnato talvolta da fatiche, rischi, conflitti e contenziosi. Non è però concepibile doversi abituare alla pressione crescente, spesso aggressiva e fine a se stessa della politica dell’opinionismo, allorché si è cominciato ad addossare alle banche ogni genere di colpa.
Ecco, il problema, delle volte, è proprio questo: il mestiere che facciamo. Che molti credono sia il frutto di conoscenze ed intrallazzi e che invece non può prescindere dalle competenze e dai sacrifici quotidiani. E’ un mestiere che richiede una volontà di ferro e tanta, tanta tecnica.
Siamo così al servizio del Paese, pensare di fare a meno delle banche significa non avere un’idea di quel che rappresentano per ciascuno di noi, per le nostre famiglie, per il Paese. E invece occorre avere fiducia e lasciarci fare il nostro lavoro che per dar frutti non può che ispirarsi all’ottimismo della volontà. Ciò non significa dimenticare le colpe di chi si è macchiato di reati, di essi dovrà necessariamente occuparsi il Tribunale, significherà piuttosto ripartire dalle istituzioni che sono e restano punti di riferimento irrinunciabili e che – sempre mi piace sottolinearlo – determinano le società nelle quali operano.
*Stefano Ercolani -Presidente di Asset Banca