Prosegue, senza tregua, la campagna mediatica italiana contro la Repubblica di San Marino, quasi che l’antico, piccolo Stato, patrimonio dell’umanità dell’Unesco, esempio di secolare convivenza paci?ca, culla delle più antiche istituzioni democratiche d’Europa, fosse improvvisamente divenuto un “foruncolo infetto” da estirpare dal sacro suolo di una vergine Italia, minacciata da questo piccolo ma oscuro male.
Dopo Report, Anno Zero, Ballarò, Striscia la Notizia, nonché i numerosi attacchi della carta stampata, Il Sole 24 Ore in testa, anche Radio24, che fa capo al noto quotidiano ?nanziario, ha messo ieri in ridicolo San Marino, parlando di turismo, un settore nel quale molti sammarinesi lavorano con serietà e passione, dando la misura della nostra vocazione all’ospitalità e della bellezza e originalità del le nostre tradizioni.
Una premessa è necessaria: San Marino, come tutti i Paesi del mondo, non è immune da vizi che hanno provocato, anche grazie all’operare disonesto di molti italiani, distorsioni, frodi, evasioni ?scali e turbative commerciali che hanno giustamente infastidito il nostro grande vicino.
Occorre però ricordare due cose essenziali. La prima: l’economia sammarinese è stata costruita, ?no a che ciò è stato possibile, su presupposti che erano in qualche misura complementari all’economia italiana e funzionali ad essa. Rispecchiava quindi gli stessi vizi e le stesse virtù dell’Italia, in base ad accordi bilaterali, oltretutto ancora in vigore, che ne hanno consentito lo sviluppo. La seconda: le distorsioni di cui sopra hanno sempre costituito una minima parte dell’economia sammarinese, un’economia sana, fatta di imprenditori seri, di gente che lavora e produce, di attività commerciali oneste.
Poi, il mondo è cambiato, in peggio forse: le torri gemelle hanno trascinato, nel loro drammatico crollo, molte certezze. Il pianeta si è chiuso in difesa da quei mali oscuri che non ci fanno più neppure viaggiare tranquilli e ci costringono ad estenuanti controlli, negli aeroporti, che solo qualche anno fa erano impensabili.
E’ giusto dunque che gli Stati abbiano deciso di cambiare le regole del gioco e San Marino, forse con qualche ritardo, dovuto al felice torpore del benessere e all’infelice instabilità politica, si è ormai da tempo rimboccato le maniche.
E siamo ad oggi: il nostro Paese è incamminato sulla strada del cambiamento, della trasparenza, della collaborazione internazionale ed il suo non piccolo sforzo è già stato riconosciuto da molti ma non dal grande Paese che abbraccia il suo esiguo territorio.
Non entro nel merito di questa “stranezza politica” che vede numerose autorità del Governo italiano ribadire un’antica amicizia ed altrettanto numerose entità di quello stesso Paese, le Procure, la Finanza, i Media, sferrare quotidianamente a questo “piccolo amico” colpi mortali.
Mi limito a confutare le infelici “gag” di Matteo Caccia che ieri, appunto su Radio24, ha detto che a San Marino non c’è motivo di andare se non si è balestrieri od evasori ?scali, che questa in fondo è Romagna, anche se ha un regime ?scale da Isole Cayman…
Al noto giornalista e scrittore potrei ricordare che intere regioni del suo Paese sono in mano alla ma?a, che l’evasione e le frodi che compiono gli italiani attraverso San Marino scompaiono di fronte a quelle che mettono in atto nel loro Paese e con altri Stati vicini. Ma non voglio giocare a chi si offende di più: ogni Stato ha pregi e difetti, vizi e virtù ed io credo che sia giusto metterne in risalto i pregi e le virtù.
L’Italia è un grande Paese e San Marino è un piccolo, grande Paese e questi sono i giudizi che ha dato la storia.
Molti italiani lavorano qui, molti, nei secoli, qui hanno trovato rifugio e ospitalità, come gli oltre centomila profughi del secondo con?itto mondiale.
Le tradizioni, l’ospitalità, il mutuo soccorso, il dialogo, la genuina democrazia della Repubblica del Titano hanno attraversato molti secoli e non credo che le spiritosaggini e la falsità possano mutare questa verità.
Per favore, amica Italia, non fare come il lupo di Fedro che si mangiò l’agnello che gli sporcava l’acqua, anche se l’agnello era a valle della fonte: non ci faresti una bella ?gura.
Corrado Carattoni Il lupo e l’agnello