Il popolo dei social, entità ondivaga alla quale immoliamo troppo di frequente l’umore, si è sollevato contro Michelle Hunziker, rea di non avere preso parte al rito collettivo di cordoglio per la morte di Fabrizio Frizzi. Mentre i suoi colleghi indossavano occhiali e abiti neri, inondandoci di ricordi commossi del presentatore defunto, Hunziker si è mostrata in giro col sorriso sguainato di sempre e non ha rilasciato dichiarazioni improntate a mestizia. Tanto è bastato per addossarle la nomea di donna senza cuore. Ora, è persino tenero che il pubblico si immagini il mondo dello spettacolo come un’unica grande famiglia in cui ci si invidia, però in fondo ci si vuole bene, ricompattandosi a battesimi e funerali. Ma non è detto che un dolore debba essere esibito per essere vero. Anzi, talvolta è vero il contrario. In ogni famiglia esistono professionisti delle condoglianze che girano con la lacrima a portata di ciglia, pronti a commemorare chi in vita destava di rado il loro interesse e nutriva più spesso la loro maldicenza.
A qualcuno sembrerà incredibile, eppure non tutti smaniano dalla voglia di esprimere in pubblico le proprie emozioni. Per Hunziker, e anche per chi ha meno capelli biondi di lei, va rivendicato il diritto di potersi sottrarre all’obbligo della faccia mesta e della frase memorabile da sfoderare a comando. Diceva bene Montanelli: le uniche lacrime sincere sono quelle che versiamo da soli in una stanza buia e priva di specchi.
Massimo Gramellini, Corriere.it