Il “Maie” non basta. Caccia disperata ai voti dei peones: “Ne servono dieci”

Le telefonate, le trattative in streaming, le richieste, le promesse, le contropartite, le accelerazioni, le frenate e i ripensamenti. Non è una «caccia» facile quella ai «responsabili» o «costruttori» che dir si voglia, nel nuovo vocabolario degli eufemismi 2020-2021. Certezze non ce ne sono perché c’è chi vuole aspettare domenica sera per sciogliere le riserve, chi lascia intendere ma poi si ritrae, chi nega decisamente ma sta riflettendo.

Al Senato è il sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo – che ieri ha annunciato la nascita della componente Maie-Italia23 per sostenere il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – il grande tessitore. I dirigenti del Pd, invece, proseguono il loro pressing sui renziani. Il tutto mentre Italia Viva lascia trapelare di non escludere una astensione che annacquerebbe il problema numerico, lasciando però aperto quello politico. I «contiani» azzardano che al Senato ci sarebbero 168 voti «possibili». Ma in realtà le adesioni provenienti dal centrodestra, messe in conto da alcuni, non si sarebbero concretizzate. I leader sono in costante contatto con i centristi De Poli e Cesa, con Quagliariello e Lupi per serrare i ranghi in un presidio permanente. Ci sarebbero pressioni da Oltretevere per puntellare il premier ma anche la centrista Paola Binetti ha puntualizzato che seguirà la linea decisa dalla segreteria. E lunedì alle 15 Lorenzo Cesa convocherà la segreteria politica dell’Udc per dettare il domani. Nel frattempo le voci, fatte circolare ad arte, si rincorrono e circola una ipotesi che vedrebbe nel nuovo organigramma governativo proprio la Binetti alla Famiglia e Saverio De Bonis (eletto tra gli Italiani all’Estero) all’Agricoltura.

La soglia della sopravvivenza è fissata a quota 161, ovvero la maggioranza assoluta. Potrebbe bastare anche la maggioranza relativa ma non sarebbe un viatico accettabile per ripartire in maniera credibile. Il presidente del Consiglio può contare sulla carta su 151 voti dando per acquisito l’appoggio dell’ex M5s Gregorio De Falco e di Tommaso Cerno, anche lui al Misto dopo essere stato eletto con i Pd. Se a questi si aggiungono i due senatori a vita, Elena Cattaneo e Mario Monti si arriva a 151. Tra questi ci sono anche Giorgio Napolitano, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Liliana Segre. Raccontano che la calendarizzazione fissata a martedì sia stata fatta proprio per favorire la presenza di alcuni di loro. Al momento i pontieri sono al lavoro per convincere gli ex M5S: Tiziana Drago, Marinella Pacifico, Lello Ciampolillo, Carlo Martelli che ieri comunque ha fatto sapere che non voterà la fiducia. Ma c’è anche il capitolo Italia Viva. Riccardo Nencini si è già esposto, circolano i nomi di Carbone, Comincini, Grimani, Conzatti e Vono, ma anche in questo caso arrivano smentite. «No, non sono una responsabile, non ho dubbi da questo punto di vista, e dico mai coi responsabili. Voterò contro» dice a Un Giorno da Pecora, la senatrice di IV Gelsomina Vono che rivela di aver ricevuto circa 50 chiamate e l’offerta di fare il sottosegretario. Una smentita secca arriva anche dal senatore di Forza Italia Claudio Fazzone. Senza contare l’ira potenziale di Clemente Mastella che annusata l’aria di un possibile riavvicinamento con i renziani detta il suo altolà. «Siamo responsabili ma non fessi. Nessuno pensi di recuperare il dialogo con Renzi alle nostre spalle. Non siamo i polli di Renzi».



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