Il settore delle telecomunicazioni, se davvero fosse gestito nell’ottica di quel bene comune tanto ipocritamente sbandierato a destra e a manca, sarebbe potuto diventare oltre che un importante strumento di supporto allo sviluppo dell’economia anche fonte di consistenti entrate per le casse dello Stato.
Al contrario, le concessioni più che decennali rilasciate in questi anni, minimizzano gli introiti pubblici e agevolano oltremisura gli anonimi e fortunati concessionari.
Per fare alcuni esempi: 1) queste società sono esentate da ogni tassa o imposta diretta ed indiretta compresa la tassa di registro sugli impianti, i materiali, le apparecchiature, i proventi e gli utili relativi alla gestione dei servizi in concessione, per un periodo di tre anni; 2) passati i tre anni, nei quali non pagano nulla, il canone che corrispondono allo Stato si aggira su un misero 4,5 %, da calcolarsi non sull’intero traffico ma sugli utili di competenza per i servizi di telecomunicazioni dichiarati. Tutto ciò senza prevedere alcun controllo sul traffico reale ed un relativa imposta proporzionale a questo ma basandosi solo su quanto dichiarato dai gestori stessi..
Inoltre a differenza di quanto accade negli altri paesi, l’esenzione dal pagamento della monofase sul traffico effettuato, oltre che privare lo Stato della più rilevante fetta delle entrate, solleva le società in questione dall’ottemperare a un obbligo di legge.
È evidente che fino a quando non ci sarà una reale volontà di superare le concessioni in atto, né l’istituzione di un Autority né la Legge per le Comunicazioni Elettroniche potranno offrire un supporto concreto allo sviluppo di questo settore, ma serviranno solamente da paravento al Congresso di Stato per i molti regali fatti, come i più recenti a Telecom e Telenet.
Le rassicurazioni del Governo sul divieto di nuove autorizzazioni per l’installazione di antenne per la ripetizione del segnale wireless sono state puntualmente disattese, con buona pace di tutti quei cittadini e dei vari comitati oltre che di quelle forze politiche che in questi anni si sono opposte ed hanno preteso un sistema di controllo adeguato e continuo delle emissioni di tutti gli impianti installati sul territorio; controlli promessi da molti , attivati da nessuno.
In Unione Europea da anni si prevedono ingenti investimenti per la realizzazione di tecnologie che pur mantenendo alto potenziale possano al contempo ridurre al minimo l’ impatto ambientale e i rischi connessi per la salute dei cittadini.
Il sistema di comunicazione in fibra ottica con la sua enorme potenzialità di trasporto dati,larghezza di banda e sicurezza, attualmente sembra essere il mezzo migliore per garantire forte impulso allo sviluppo delle TLC e al tempo stesso per tutelare la salute dei cittadini, dal momento che le emissioni di onde elettromagnetiche nei cavi in fibra ottica sono praticamente nulle.
Già oggi con piccoli investimenti pluriennali lo Stato potrebbe mettere in atto il cablaggio di tutto il territorio con cavi in fibra ottica. Una rete di proprietà pubblica all’avanguardia e gestori privati dei servizi assicurerebbero entrate certe per lo Stato, sviluppo e occupazione oltre che la tutela della salute dei cittadini e una miriade di servizi che l’attuale rete non è minimamente in grado di offrire .
Ovviamente per fare tutto ciò andrebbe completamente rivisto il progetto di sviluppo delle TLC, mettendo alla base l’interesse pubblico e non solamente quello quelli degli attuali gestori delle TLC sammarinesi.
A tutt’oggi sembra proprio che queste condizioni non esistano.
Sinistra Unita