Sul tavolo ipotesi di scambi valutari tra le grandi banche centrali come accaduto nel 2001 dopo l’11 settembre e nel 2008 dopo il crack di Lehman Brothers. Gli investitori si affidano alla Bce
MILANO – La sterlina crolla, il dollaro sale, l’euro soffre. La Brexit punta i fari sulle banche centrali già al lavoro per ridurre il più possibile i danni causati all’economia mondiale dall’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Con l’obiettivo di scongiurare una guerra valutaria che metterebbe in ginocchio la ripresa. I governatori vogliono evitare che la domanda di dollari – in constante nei momenti di crisi – superi l’offerta e per questo sono al lavoro per aumentare la liquidità e la disponibilità del biglietto verde in tutto il mondo. Per questo la banche centrali correranno ai ripari prestandosi le valute di cui hanno bisogno. In questo modo, il paracadute della banche centrali sta mettendo monete, titoli e materie prime al riparo dalla tempesta perfetta.
Dalla Bce alla Bank of England le principali istituzioni monetarie mondiali sono pronte a intervenire: “La Bce è pronta a iniettare liquidità
in euro e in altre valute, ma le banche dell’Eurozona sono resilienti in termini di capitale e liquidità”. Sulla stessa lunghezza d’onda il governatore della Bank of England, Mark Carney, che non esiterà a prendere misure addizionali ed è pronto a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline “come rete di protezione e per supportare il funzionamento dei mercati. Nelle prossime settimane la banca centrale valuterà le condizioni economiche e prenderà in considerazione qualsiasi ulteriore reazione nelle proprie politiche”.
“Mentre parliamo i mercati e la Gran Bretagna stanno drenando liquidità molto rapidamente” dice a Bloomeberg John Woods, chief investment officer di Credit Suisse in Asia che aggiunge: “E’ facile immaginare un intervento congiunto da parte della banche centrali per assicurare risorse ai mercati” ed evitare oscillazioni troppo brusche. “I mercati si fidano della Bce, le reazioni sono composte dopo le vendite iniziali le rete di protezione di Francoforte sta funzionando” spiega Cosimo Marasciulo, Head of Government Bonds di Pioneer Investments secondo cui la Banca centrale europea potrebbe aver accelerato le sue operazioni d’acquisto sui mercati, “di sicuro lo pensano gli investitori”.
La reazione sulle asset class protette dall’ombrello del quantitative easing è stata infatti composta: i prezzi delle obbligazioni tedesche sono tornati a scendere dopo la fiammata mattutina, movimento identico per lo spread e i titoli di Stato ad eccezione di quelli greci. Di certo i mercati si preparano a vivere settimane di incertezza legate anche al voto spagnolo di domenica e al referendum costituzione italiano di ottobre. “Gli investitori internazionali probabilmente resteranno alla finestra e non aumenteranno la loro esposizione verso l’Europa” spiega Marasciulo che poi aggiunge: “A meno che non aumenti il premio al rischio”. L’attenzione torna quindi su Draghi che secondo gli addetti ai lavori potrebbe intervenire ancora sui tassi oppure estendere l’acquisto di titoli sul mercato.
Valute. Mentre per i bond e le azioni l’operatività ordinarie e straordinaria della Bce sta evitando il disastro, sul fronte delle valute le banche centrali stanno ragionando sui prestiti usati per la prima volta dopo gli attacchi dell’11 settembre e tornati in auge con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008 quando le banche troppo indebitate in moneta estera persero accesso ai mercati. Da allora la Federal Reserve, la Bce, la Banca del Giappone, la Banca svizzera, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Canada si sono aperte reciproche linee di scambio per creare una rete di protezione globale. “Nei momenti di crisi – prosegue Marasciulo – la domanda di dollari aumenta: con gli swap le banche centrali possono aumentare l’offerta nel momento in cui il mercato ne avesse bisogno evitando pressioni eccessive sulle valute”. La Banca centrale svizzera è stata tra le prime a intervenire “dal momento che il franco svizzero è stato messo sotto pressione” l’istituto è intervenuto “sul mercato dei cambi per stabilizzare la situazione e rimarrà attivo” fino a quando sarà necessario.
Oro e petrolio. In avvio di quotazioni il petrolio è crollato, mentre l’oro è schizzato alle stelle come bene rifugio per eccellenza, con il passare del tempo, però il calo si attenuato da -6% al -2,5%. Situazione analoga per il metallo giallo che dopo essere arrivato a guadagnare il 6% ritraccia a +4%. “Prosegue la marcia trionfale dell’oro, attualmente scambiato in area 1.330, oltre 250 dollari in piu’ rispetto ad inizio anno”, annota Carlo Alberto De Casa dal desk londinese di ActivTrades. “Nei giorni scorsi si era diffusa l’attesa per una viittoria del Bremain, nel momento in cui i mercati hanno capito che questa non si sarebbe verificata si sono rifuigati sull’asset sicuro per eccellenza. Questa nuova corsa all’oro ha portato il lingotto ai massimi da un anno e mezzo, con il significativo passaggio sopra area 1.300. Sale anche l’argento ma in maniera più contenuta. Gli investitori, nella tempesta perfetta dei mercati preferiscono l’oro per il momento”.
Repubblica.it