Negli ultimi due giorni ci sono stati a Tripoli alcuni scontri tra quelle che la stampa chiama “milizie”.
Questi recenti fatti di cronaca daranno sicuramente fiato ai cosiddetti “esperti” che vogliono a tutti costi rappresentare la Libia come un paese devastato dalla guerra.
L’ultima assurdità in questo senso l’ho sentita durante un’intervista rilasciata a Rai News 24 da un “esperto” del Medio Oriente.
Considerare la Libia parte del Medio Oriente è già di per sé un errore, così come è un errore accomunare tutte le realtà interne al Medio Oriente sotto un’unica etichetta. Se poi il sedicente esperto parla della Libia standosene magari in Libano o, meglio ancora, in Italia e in Libia non mette piede da anni, allora le considerazioni che potrà fare non potranno che essere distorte.
In questa intervista la situazione della Libia è stata rappresentata in modo catastrofico, senza distinzione di zone o città, Tripoli è stata definita una capitale allo sbando e si è arrivati perfino a segnare l’equazione Libia = Somalia.
È vero che la Libia ha vissuto anni difficili e tormentati e che ha subito la presenza dei terroristi dell’ISIS per molto tempo; è vero che Bengasi è una città ancora martoriata e rappresenta una emergenza umanitaria reale (di cui avremo modo di parlare presto), ma questo non basta a chiudere la situazione libica sotto un’unica etichetta di guerra e distruzione.
Innanzitutto, se vogliamo analizzare la questione del terrorismo islamico bisogna avere l’onestà di ammettere che:
- nel 2016 di morti per terrorismo ce ne sono stati più in Francia, in Germania e in Tunisia (per non parlare di Iraq e Siria) che in Libia;
- a Tripoli di vittime per attacchi di terrorismo non ce ne sono da anni;
- la Libia è l’unico paese in cui forze volontarie hanno combattuto contro i terroristi e li hanno vinti.
Se poi vogliamo analizzare la situazione di Tripoli, l’unica risposta possibile è venire qui di persona e vedere come si vive nella capitale libica.
Non mancano negozi eleganti in cui fare shopping e ristoranti e caffè in cui passare una bella serata; grazie alla tassazione nulla e al costo irrisorio delle fonti energetiche il costo della vita è molto basso ed è facile aprire nuove attività.
La delinquenza è davvero poca. Non ci sono furti in casa, che spaventano invece molti italiani, e poche sono le rapine nei negozi. Purtroppo rimane ancora alto il numero dei rapimenti per estorsione, ai danni delle (molte) persone abbienti che vivono qui in Libia.
La sicurezza della città è affidata alle katibe, cioè ai nuclei delle milizie rivoluzionarie Thuwar. Purtroppo spesso accade che chi sente parlare di milizie rivoluzionarie pensa a commandi armati privi di controllo (e di scrupoli) e quindi immagina la città di Tripoli percorsa da squadroni armati allo sbando.
Non è così. I gruppi Thuwar, che la stampa e l’opinione pubblica internazionale continuano a definire generalmente “milizie”, sono nate durante la Rivoluzione del 2011 per liberare la Libia dalla dittatura di Gheddafi, ma poi sono rimaste attive e operano per il controllo e la sicurezza del Paese.
Gli scontri avvenuti in queste ultimi giorni sono avvenuti proprio tra le Forze Rivoluzionarie di Tripoli che fanno capo al governo di Al Serraj e alcune milizie provenienti dai territori esterni alla capitale che avevano abusato del loro potere, arrivando perfino ad estorcere il pizzo alle attività locali e ad iniziare un traffico di stupefacenti.
Le milizie Thuwar di Tripoli, invece, sono da anni impegnate nella lotta contro la droga e l’immigrazione clandestina che potremmo risolvere con un decimo dei costi vergognosi che vengono sottratti ai cittadini italiani. La brigata di cui faccio parte come capitano, la Forza Speciale di Sicurezza Marittima, El Esznad al Bahri, che controlla il porto di Tripoli, ha fermato dal 2013 circa 4000 migranti in mare come dai rapporti inoltrati all’Alto Commissario per Le Nazioni Unite e al Ministero degli interni. Il tutto naturalmente senza ricevere un rigo di riconoscimento e un Euro dall’estero che di Euro per importare migranti in Italia ne spende miliardi.
Come la nostra, anche le altre brigate di Tajoura, Suk Al Juma e Abuslim lavorano tutte per la sicurezza di Tripoli.
Quindi gli scontri avvenuti in questi giorni, peraltro completamente cessati, possono essere considerati una operazione di polizia avvenuta tra l’altro con il plauso della popolazione civile. E stato inoltre firmato un accordo tra tutte le forze rivoluzionarie per andare verso un unificazione e la creazione di una forza unica di polizia ed esercito. Nell’accordo si respinge chiaramente ogni tentativo di restaurazione di una dittatura come quella che vorrebbe portare il generale Haftar e che ha portato alla distruzione di Bengasi.
Con questo non voglio dire che tutto è perfetto o che non ci siano anche qui mele marce, come dappertutto. Specialmente le forze di terra mancano di addestramento e capacità di comunicazione e dialogo.
Anche qui a Tripoli ci sono cose che non funzionano come dovrebbero, ma bisogna sottolineare che:
- le milizie Thuwar di Tripoli e Bunyan Marsus di Misurata operano attivamente sul territorio, controllandolo e proteggendolo da eventuali infiltrazioni terroristiche.
- pur essendo organizzate in gruppi autogestiti,le milizie Thuwar sono tra loro abbastanza coordinate e soprattutto non controllano il territorio per propri fini, bensì per conto del Governo legittimo di Faye Al Serraj che proteggono anche qui da milizie di reazionarie come quella di Heftar, golpiste o di stampo criminale. Capire queste differenze sarebbe il minimo richiesto ai giornalisti che parlano della Libya.
A questo proposito vale la pena ricordare che il Governo di Al Serraj è l’unico governo libico riconosciuto dall’ONU e sostenuto direttamente dall’Italia il quale dovrebbe essere appoggiato anche dalla stampa italiana attraverso una comunicazione obiettiva e trasparente. Ma a parte poche testate, la stampa italiana parla solo in funzione della propria posizione politica e non per un interesse nazionale.
Infatti molte redazioni giornalistiche italiane continuano a guardare al Generale Haftar come (possibile) leader libico, facendo così gli interessi dei francesi, degli egiziani, degli Emirati ai quali si sono aggiunti di recente i Russi che dell’Italia (con buona pace dei sempre più crescenti fans italiani di dittatori di ogni risma) gli importa meno di zero.
Ma queste sono altre storie, di cui parleremo in un’altra occasione.
Oggi voglio rassicurarvi dicendo che a Tripoli la situazione è di nuovo tranquilla e per questo voglio lasciarvi con una immagine che dice tutto. Ho visto recentemente che è stato scritto di Tripoli come di una città talmente allo sbando che gli unici a girare di notte sono bande di cani affamati. Se i cani girano affamati, non si può certo dire lo stesso per i gatti i quali hanno aperto un caffè.
Nel cuore di Tripoli infatti hanno e’ stato aperto ( un ennesimo) nuovo caffè, la cui particolarità è quella di essere gestito da gatti! Sì, gatti. È il Kitty Cat Café.
Le milizie Tuwhar del quartiere stanno controllando che i gatti fossero tutti vaccinati e controllati, ma, fatto questo, il locale è un luogo divertente e rilassante in cui
sorseggiare un caffè e ascoltare un po’ di musica, dando nel frattempo una grattatina tra le orecchie a uno dei piccoli gestori e frequentatori a quattro zampe.
Visitate la pagina Facebook del locale per vedere con i vostri occhi di cosa sto parlando. Vi sembra un locale in una città devastata dalla guerra?
