
«Lo spettro del fascismo lascia il tempo che trova: specie se sino al giorno prima hai amabilmente conversato con la Meloni». Il politologo Alessandro Campi, autore, insieme a Sergio Rizzo, del libro L’ombra lunga del fascismo. Perché l’Italia è ancora ferma a Mussolini, stronca senza appello la campagna elettorale di Letta ma allo stesso tempo non si esime dal dispensare un consiglio alla leader di FdI.
Il Pd si può definire ancora un partito di sinistra?
«Si fa fatica. Letta è un tecnocrate allievo di Andreatta, larga parte del gruppo dirigente è composta da ex-democristiani di sinistra. Molti elettori progressisti, stando ai sondaggi che tuttI conoscono ma che non si possono pubblicamente citare, sono orientati verso il M5s».
La fiamma è un simbolo fascista? La Meloni dovrebbe toglierla dal simbolo di FdI?
«Secondo alcuni la fiamma deriva dal simbolo degli arditi. Una leggenda metropolitana vuole invece che si tratta del fuoco che arde sul catafalco di Mussolini. D’altra parte MSI, sempre secondo la leggenda, stava a significare Mussolini Sei Immortale. Se non un simbolo fascista in senso proprio, stiamo comunque parlando del segno grafico che ha contraddistinto il mondo del nostalgismo neofascista. Una buona ragione, secondo me, per lasciarselo prima o poi alle spalle. Lo aveva già fatto An, nella prima versione del suo nuovo marchio. Si era poi deciso di lasciare la Fiamma per evitare che venisse utilizzata da Pino Rauti. Nel brand odierno di FdI compare in un formato sempre più piccolo. Secondo me è destinata a fare la fine della falce e martello».
Bernard Henri Levy sostiene che, in caso di vittoria della Meloni, non si dovrebbe riconoscere l’esito delle urne…
«È una strana idea della democrazia: funziona se tutti la pensano allo stesso modo. Una volta la democrazia coincideva col diritto al dissenso e col pluralismo delle opinioni. Oggi la divergenza di idee è vista come una minaccia alla democrazia. E guarda caso la minaccia viene sempre da destra. E si materializza sempre in occasione delle elezioni».
La sinistra attacca il centrodestra per le presunte ingerenze della Russia, ma poi Enrico Letta cerca le sponde della Spd. Non le sembra un controsenso?
«Non tutte le ingerenze sono eguali. Quelle della Russia putiniana obbediscono ad un preciso disegno destabilizzante delle democrazie occidentali. Quella della sinistra tedesca a sostegno di Letta più che ingerenza è una forma di soccorso rosso: un aiuto tra amici appartenenti alla stessa famiglia ideologica. Può dare fastidio ma è una forma di pressione mediatica legittima».
Carlo De Benedetti è convinto che una vittoria della Meloni farà scivolare l’Italia verso Est. È così?
«L’Italia che rischia di diventare come l’Ungheria è un refrain propagandistico nel quale non credono nemmeno coloro che lo utilizzano».
«Sputeranno sangue», ha detto il governatore Emiliano. Frasi di questo tipo possono aver incitato le frange estreme a colpire i gazebi del centrodestra?
«Emiliano, prima che un avversario per la destra, è un problema per la sinistra. Alla fine la campagna elettorale mi sembra scivolata via con parole grosse, ma nessun violenza aperta».
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