
Il caso è spinoso e continua a imbarazzare l’intero governo: più di qualcosa non torna. “È una sonora sciocchezza“, è stata la risposta durissima di Giuseppe Conte alle accuse di aver mentito ai pm di Bergamo sulle mancate zone rosse in Val Seriana. Il nodo riguarda la mancata istituzione delle zone rosse di Alzano Lombardo e Nembro: il presidente del Consiglio, interrogato dalle toghe a Roma il 12 giugno in quanto testimone nell’inchiesta sull’epidemia, ha smentito di aver mai preso visione del documento stilato dal Comitato tecnico-scientifico risalente al 3 marzo. L’inchiesta della magistratura ha l’intento di accertare se le istituzioni siano state negligenti nel valutare l’emergenza Coronavirus nella bergamasca.
Come riportato da L’Eco di Bergamo, stando ad alcune indiscrezioni filtrate dai corridoi dei palazzi di giustizia bergamaschi pare che la versione fornita dal premier sul verbale del Cts sia considerata attendibile: nello specifico i pm della Procura di Bergamo sosterrebbero che non vi siano elementi per fare sospettare agli inquirenti che quanto affermato dall’avvocato non corrisponda alla realtà dei fatti. I magistrati già sapevano la sequenza e la tempistica dei consigli arrivati da parte degli esperti e, sulla base di questo, hanno tentato di capire se Conte si fosse contraddetto su quei passaggi delicati che hanno portato a divieti più generalizzati per il Nord Italia e non per la zona rossa per Nembro e Alzano. Ma pare che non ci siano state contraddizioni nella ricostruzione.
Il soccorso dei pm
Agli occhi dei magistrati non assume un valore primario la data in cui il presidente del Consiglio è stato aggiornato sul parere degli scienziati: la Procura ha l’incarico di stabilire se si possa configurare un reato nella scelta di non istituire la zona rossa in Val Seriana. Ma i pm, tra documenti acquisiti e audizioni, avrebbero capito che i pareri del Comitato tecnico-scientifico non erano vincolanti e che le decisioni del governo in materia sono – per legge – discrezionali. Come fa notare il Corriere della Sera, sarebbero inoltre convinti che la scelta politica, giusta o sbagliata che sia, deve essere giudicata nell’ambito della politica e non nelle aule di tribunale.
A maggio i magistrati hanno sentito, come persone informate sui fatti, l’assessore al Welfare Giulio Gallera e il presidente della Lombardia Attilio Fontana. “Il presidente Fontana aspettava la decisione del governo di istituire la zona rossa a Bergamo“, ha detto l’avvocato Jacopo Pensa. Il governatore leghista avrebbe spiegato che da parte della Regione la decisione di bloccare le aree più colpite della Bergamasca “era data praticamente per certa, tanto che i militari erano già pronti a bloccare la zona“, ma poi non è arrivata anche perché erano “i giorni del clou dell’epidemia, quando la gestione dell’emergenza era nel caos“. Da ricordare le parole di Maria Cristina Rota, il procuratore facente funzione di Bergamo, che ai microfoni del Tg3 aveva risposto così a chi gli chiedeva a chi spettasse la decisione di istituire la zona rossa: “Da quello che ci risulta è una decisione governativa“.
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