Il numero di telefono circola da mesi tra gli immigrati. «Basta chiamarlo e ti organizzano il viaggio verso l’Italia», raccontano.
Con l’aiuto di un madrelingua arabo proviamo a telefonare al cellulare libico del presunto scafista. Il quale ci spiega come sia facile partire da Tripoli, su un barcone verso l’Italia. Il viaggio della speranza è a portata di mano. Con la particolarità che il «taxi» attraverso il Mediterraneo avviene, a suo dire, con la complicità di «navi delle missioni», «niente militari». Il telefono squilla a lungo, poi qualcuno risponde.
«Ciao, shukran, mi chiamo Hamed, sei Fadel?» esordisce il nostro complice arabo.
«Chi ti ha dato il mio numero?»: risponde un uomo dall’accento egiziano.
«Un tizio», svicoliamo.
«Che vuoi?», ci dice ancora.
«Grazie. Io sono a Trablos (Tripoli ndr) e vorrei andare in Italia. Sei tu che ti occupi del viaggio?», domandiamo.
«Perché mi chiami a questo numero? – ci chiede – Non devi chiamarmi qui. Devi chiamare il 91… e ti dicono tutto».
All’altro numero, con prefisso 00218 e dopo diversi tentativi ci risponde un altro uomo.
«Ciao, mi ha dato questo numero Fadel – gli spieghiamo -. Sono Hamed, sono a Trablos e devo partire. Shukran, sì, devo partire».
Lui: «Dove ti trovi ora?».
«A Trablos. Sono solo – prosegue il nostro complice – e voglio partire. Ho soldi, ma non so se mi bastano».
L’altro risponde: «Costa 2.600-3.200 dollari (2.500-3mila euro). Pensiamo a tutto noi: vestiti e cibo. Se vuoi portiamo anche droga». Il nostro contatto ha un sussulto: si sente chiaramente uno sparo che sembra di fucile.
«Ho un amico che vorrebbe andare dall’Egitto», diciamo.
«Nessun problema – prosegue l’altro – facciamo partire da ogni Paese: Egitto, Tunisia, Libia, Siria, dove vuoi».
«E chi ci viene a prendere?», chiediamo ancora.
«Se ti interessa chiama di nuovo Fadel che sa tutto», dice lui prima di riagganciare.
Richiamiamo Fadel: “Sono sempre Hamed».
«Perché richiami?», ci dice.
«L’altro mi ha detto di parlare con te. Sono interessato. Che devo fare?», proviamo a chiarire. Lui sembra un po’ alterato, ma continua a parlare: «Sei a Trablos, giusto? Domani ti telefono al numero da cui mi stai chiamando (in realtà l’abbiamo nascosto ndr). Mi dici dove sei e ti veniamo a prendere».
«Sì, ok, ma – chiediamo – con cosa viaggiamo?».
Ci spiega che partiremo «con una barca di legno. Ogni giorno – dice poi – carichiamo 45 persone. Non di più. Poca strada in mare e poi vi vengono a prendere».
Cogliamo la palla al balzo: «I marinai italiani? Insomma, la Marina, quelli con la casacca blu?».
«No – ci rassicura -, non preoccuparti, non ci sono militari. Arrivano navi, quelle delle missioni. Insomma, non navi della Marina. Vengono subito e vi portano in Italia. Ma paghi subito, capito? Ora non fare domande, saprai tutto lì. Per telefono non dico altro».
Insistiamo: «Sì, ma chi sono quelli che vengono? Come si chiama la nave?»
Capiamo che non avremo altre risposte: «Saprai tutto lì, non insistere».
«Ok, shukran – lo salutiamo -. Che Allah sia con te. A domani». Il Giornale