DAVANTI al Metropolitan Museum alle 10 di mattina Francesca e Massimo Tommasoli da anni residenti nell’Upper East Side, fanno vedere con orgoglio il loro braccialetto tricolore. «La Puglia della Pennetta e della Vinci ha battuto la Florida delle Williams – dicono –. È bello sentirsi italiani in questo momento». In un altro angolo di Manhattan non lontano da Times Square Franco Bevilacqua e Simona Giampaoli si preparano a raggiungere il South Gate di Flushing Meadows. «Abbiamo comprato i biglietti su internet cinque minuti fa ed è stato un affare: con 150 dollari non ci capiterà mai più di vedere una finale storica degli US Open come questa». Il risultato delle due tenniste italiane ha scioccato non solo gli organizzatori e gli esperti, ma anche i bagarini che si erano accaparrati migliaia di biglietti per rivenderli anche a 20 volte il loro valore reale.
MERCOLEDÌ scorso il prezzo medio all’Arthur Ashe Stadium era di 1529 dollari a persona. Venerdì sera col crollo della Williams sono precipitati a 350 dollari per i posti di medio livello e ieri si sono ulteriormente dimezzati. I giornalisti sportivi sono senza aggettivi per descrivere la «semisconosciuta» Vinci, ma sono stati spiazzati dalla sua simpatia quando ha persino chiesto scusa al pubblico per lo straordinario risultato ottenuto contro il mostro sacro Serena Williams. Lo sconcerto per la «dominazione italiana» a Flushing Meadows è palpabile. È come se il supergallo Loris Stecca avesse messo ko il peso massimo Mike Tyson dei tempi migliori, diventando lui il re di Las Vegas.
Il grande circo degli US Open è frequentato da gente di mondo, da sponsor importanti e da astuti speculatori che sono riusciti addirittura a legittimare il cosiddetto ‘secondo mercato’ che gestisce l’intera rivendita dei biglietti via internet. La finale tutta italiana però è diventata per loro un devastante tsunami commerciale, che il largo sorriso della Vinci non ha aiutato certo a migliorare. Domani con Federer e Djokovic sarà un’altra cosa e i prezzi torneranno alle stelle. Ma con Roberta e Flavia a contendersi il podio più alto e i premi astronomici, il tennis entrerà nella leggenda popolare delle cose irripetibili. Come se non fosse vero. Ma se il prezzo dei biglietti è crollato, trasformando quella fra le due italiane nella «finale low cost», sugli spalti un bicchiere di champagne continua a essere venduto a 25 dollari, una birretta a 12 e una semplice bottiglia d’acqua minerale a 6 dollari.
«LA VINCI ha capito che non sarebbe mai sopravvissuta alle cannonate della Williams – dice Franco Bevilacqua con i biglietti in mano – ma è riuscita a sfinirla con quelle che a Roma chiamiamo le ‘moscette’: palle lentissime che disorientano i giocatori di potenza». A Union Square il ristorante ‘Ribalta’, considerato il tempio del calcio italiano stava preparando per la notte un grande party con una torta-pizza fatta di Nutella e fragole, sperando che la Pennetta e la Vinci possano passare ad assaggiarla. Leopoldo Rosati noto architetto d’interni di Taranto che da anni lavora a New York racconta che il suo profilo Facebook è intasato dai messaggi di auguri. «Sono felice. È bello scoprire anche attraverso il tennis che la Puglia è una terra speciale e con persone speciali».
Fonte: LA STAMPA