«NESSUNO è indispensabile, neanche Beppe». A dirlo non è un militante 5 Stelle dissidente, ma un entusiasta attivista fasciato da una bandiera bianca con il famoso logo M5S. Lui, nel finale della kermesse all’autodromo di Imola, ha resistito stoicamente con tanti altri al diluvio che ieri ha bagnato l’Italia 5 Stelle.
Piove, ma fedelissimi e politici locali sorseggiano vin brulè stretti vicini vicini sotto gli ombrelli. Solo 24 ore prima lo stesso Beppe Grillo aveva immaginato di togliere il suo nome dal simbolo. E ieri la base ha accolto l’idea con entusiasmo. Forse troppo.
«L’elevato», il nuovo nome con cui Beppe si è autoribattezzato a Imola, lo ripete su e giù dal palco: «Il Movimento non ha più bisogno di guru. Siamo un’insieme di cellule indipendenti, non servono cellule madri».
Parole, solo parole? Non sembra. Il passo indietro questa volta forse è reale. E la maggioranza dei militanti già pensa di ‘rottamare’ il leader.
Ventenni, quarantenni, cinquantenni ex leghisti, ex comunisti, piddini delusi arrivati da ogni parte d’Italia non hanno paura ad ammettere che adesso è il momento di cambiare. Si provano la maglietta ‘Keep calm and M5S al governo’ e invocano un nuovo corso. «È giusto che Grillo faccia un passo indietro», dicono alcuni. «Ormai si sta defilando», dicono altri.
Un trio di bergamaschi ammette a mezza voce ciò che un anno fa poteva causare un’espulsione: «Beppe è nostro padre, ma oggi molti non ci votano proprio perché c’è lui. A volte basta un suo vaffa perché non si parli di nient’altro…».
Sandro, 45 anni, da Salsomaggiore, con un passato leghista, vive il Movimento 5 Stelle dietro il bancone del suo bar, sede del Meetup locale: «Molti dei miei avventori non sopportano Grillo e non ci voterebbero mai. Forse ci serve qualcun’altro, giovane e moderno per prendere ancora più voti».
IL SOGNO, evocato da una 43enne romana con cappellino M5S colorato, è «arrivare al governo per poi avere un movimento senza leader e senza nomi. Il problema di Grillo? È che si ama o si odia. Noi lo amiamo, ma fuori a volte si fa fatica…».
Ma se la «base» (a parole) prova a uccidere il «padre», non appena Grillo scende dal palco viene braccato dai fan. «Beppe, Beppino, una foto. Beppe girati. Beppe elevati». Lui sale su un tavolino e lancia il mantra: «Noi siamo l’arca di Noè della salvezza. Siamo disadattati, depressi, tristi. Ed è per questo che abbiamo la forza di non fermarci». Giù applausi, baci, strette di mano. Arriva la sicurezza e lo conduce via, verso il backstage.
La folla si disperde, ma poi il codazzo si sposta dietro al vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. C’è chi gli urla «premier, premier», chi «c’è un presidente, solo un presidenteee», ma poi se chiedi alle attiviste adoranti se lo vogliono come leader, ripetono lo stesso copione di Grillo: «Non solo Di Maio o Di Battista. Ci sono decine di persone nel M5S pronte».
L’UTOPIA dei disadattati evocata da «Beppe-l’elevato», procede verso un’idea di governo che prevede – secondo Casaleggio – «l’abolizione della corruzione e della prescrizione».
Torna a piovere, qualche grillino abbandona la pista di Formula 1 di Imola, ma lo zoccolo duro resta asserragliato negli stand in attesa del gran finale. Si attendono i «big» Paola Taverna, Roberto Fico, Alessandro Di Battista e l’arrivederci di Grillo. Non ci sono polemiche, nemmeno il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, praticamente l’unico ‘ribelle’ rimasto, evoca tensioni: «Di Maio è il migliore. Non dissento, do consigli utili».
Restano i maxi temi, come il governo della Capitale («di cui non abbiamo paura»), e i problemi locali.
«Il nostro Meetup ha donato 100 euro per avere un tavolino nello stand, ma nessuno ce l’ha dato», si lamenta un giovane emiliano. Piccole cose? Forse, ma nella patria dell’‘uno vale uno’ è richiesta una soluzione.