Non si placano le preoccupazioni dei residenti dopo il vasto incendio sviluppatosi lo scorso 1° giugno nell’area adiacente al termovalorizzatore di Raibano. A intervenire con toni fermi è il comitato Sant’Andrea in Besanigo, che annuncia di star valutando la presentazione di un esposto alla Procura della Repubblica, in collaborazione con alcune associazioni ambientaliste, per ottenere maggiore chiarezza sull’effettivo impatto ambientale del rogo.
Il sospetto, per chi vive nelle zone circostanti, è che le rassicurazioni fornite finora dalle amministrazioni comunali e da Arpae non siano sufficienti a rispondere alle tante domande rimaste aperte. “Secondo i sindaci di Coriano, Riccione e Misano il parere di Arpae dovrebbe bastare a rassicurare i cittadini”, evidenzia il comitato, che però non nasconde la propria contrarietà: “Noi residenti di Besanigo non ne siamo affatto convinti”.
I rilievi effettuati da Arpae, spiegano i cittadini, sarebbero stati eseguiti “a campione, solo in aree limitrofe all’impianto e fino al centro di Riccione”, tralasciando invece l’impatto potenziale sui terreni agricoli, gli orti e le coltivazioni più vicine. “La plastica bruciata libera sostanze tossiche come diossine e furani, notoriamente stabili nell’ambiente e pericolosi per la salute – ricordano – ma di tutto ciò si parla poco o nulla”.
Il comunicato del Comune di Coriano, secondo il comitato, lascia trasparire più attenzione all’immagine turistica del territorio che non alla tutela concreta della salute dei residenti. “A noi sembra una politica più interessata a tranquillizzare i vacanzieri allarmati dal fumo nero visibile fino al mare, che a garantire trasparenza sulle reali conseguenze ambientali”.
Il timore maggiore riguarda le possibili ricadute degli inquinanti sui prodotti agricoli locali: grano, uva, olive e frutta. Il comitato chiede quindi che siano avviati controlli approfonditi da parte della ASL anche sull’agroalimentare e non solo sul suolo. E solleva dubbi anche sulla gestione dell’acqua usata per spegnere l’incendio: “Ci è stato detto che è stata raccolta senza sversarla nel Rio Melo, ma Arpae è arrivata solo dopo diverso tempo rispetto ai Vigili del Fuoco. Dove è finita l’acqua usata prima del loro arrivo?”.
A queste domande si aggiunge il rammarico per l’assenza della Forestale, nonostante l’incendio fosse stato da loro segnalato: “La presenza del Nipaf ci avrebbe aiutati a comprendere meglio le operazioni, ma non sono intervenuti”.
L’evento del 1° giugno non è il primo episodio che desta preoccupazione tra i residenti: fumi anomali, incidenti agli impianti e malfunzionamenti vengono ricordati come segnali già noti da tempo. “A Besanigo non possiamo continuare a fingere che vada tutto bene. Non ci accontentiamo di rassicurazioni generiche – insistono – e vorremmo finalmente vedere una copia ufficiale e completa del report di Arpae”.
Di fronte a ciò che definiscono un quadro incerto e lacunoso, i cittadini ribadiscono l’intenzione di rivolgersi alla magistratura. “Per fugare ogni dubbio e ristabilire trasparenza e legalità – conclude il comitato – stiamo seriamente considerando un’azione formale in Procura, assieme ad altre realtà ambientaliste del territorio”.