Indipendenza della Magistratura dalla politica, e da sé stessa? … dell’avvocato Achille Campagna

Riceviamo e pubblichiamo molto volentieri.

L’avvocato Achille Campagna dimostra, come al solito, di essere sempre molto attento alle problematiche sammarinesi e questo pezzo dimostra la notevole caratura e l’onesta intellettuale del professionista che tutti conosciamo ma che è stata ribadita anche in queste riflessioni. E’ molto importante che San Marino non cada preda di un piccolo gruppo di persone che avrebbero, peraltro, un potere quasi assoluto su tutti noi. Dobbiamo impedirlo assolutamente. /ms

Avvocato Achille Campagna

Non sono per nulla convinto che “epurare” della componente non togata, politica, l’organo di autogoverno della Magistratura, il Consiglio Giudiziario Plenario, produca l’effetto di rendere più indipendente il potere giudiziario a San Marino.

Al contrario, ciò metterebbe a repentaglio sia l’indipendenza che l’imparzialità dei giudici.

Certamente condivido tutte le linee guida e le prescrizioni della Commissione di Venezia e del Consiglio d’Europa, ma le stesse, a mio sommesso avviso, non sono state formate per un microstato come il nostro, difatti, nelle ultime lettere inviate a San Marino, il COE lancia l’invito ad un percorso condiviso, per poter trovare la soluzione più adatta alla nostra realtà.

Credo che a San Marino, ferma la stabilità dell’incarico dei giudici e tutte le guarentigie che li assistono, occorra ed anche fortemente una presenza laica nell’organo di autogoverno, che contribuisca a denunciare le problematiche della giustizia e ad assumere le dovute misure.

Di certo la componente laica non deve mai superare quella togata per composizione.

Senza una forma di partecipazione della politica – e la politica in ultima analisi è il cittadino che viene rappresentato, ricordiamolo sempre – il potere giudiziario resta in mano a una ventina di persone vita natural durante, cosa che non può accadere in altri Stati.

Qualcuno avrà letto nei libri di diritto del caso Cane contro Cane, un noto caso italiano in cui, un intero tribunale è stato ricusato perché la questione da giudicare poteva accertare la responsabilità di uno dei colleghi del giudice che avrebbe dovuto decidere il caso. L’esito fu quello di trasferire il giudizio ad un altro tribunale italiano.

San Marino non può permettersi di farlo.

Il caso Cane c. Cane ha destato l’attenzione dei giuristi, ora, se penso a San Marino, in cui viviamo lo stesso caso all’ennesima potenza quotidianamente, giungo alla conclusione che il nostro Tribunale da solo non sarà mai in grado di gestire la giustizia.

Un giudice sammarinese – per vero molto onestamente – ha affermato in una decisione che non se la sentiva di giudicare il collega, e che il suo processo doveva essere rimesso ad un giudice speciale come quello per la responsabilità civile magistrati. Quel giudice ha detto una verità: siamo tutti insieme a lavorare qui dentro, facciamo fatica a condannarci l’un l’altro.

Ebbene, da questi pochi lineamenti si comprende che:
– una ventina di giudici che lavorano quotidianamente dentro un tribunale stabiliscono necessariamente rapporti di amicizia, inimicizia, colleganza etc., che per via della stabilità del loro incarico – che non metto in discussione – si consolidano nel tempo;

– si forma un’inevitabile tendenza, in caso di armonia fra queste persone, a “coprirsi” fra loro, a proteggere i colleghi quando qualcuno cerca di far valere una loro responsabilità;

– in caso di dissidi – o di guerra aperta come nel caso presente – la loro indipendenza ed imparzialità è pregiudicata dalla tendenza a strumentalizzare le loro decisioni in ottica conflittuale.

Se dunque un tribunale per ipotesi si trasforma in una casta che monopolizza la giustizia e prende il controllo del paese oppure in un vespaio, un’arena di scontri in cui chi ci rimette è il cittadino, chi deve intervenire e cosa deve fare?

In conclusione, poiché i sistemi non possono essere progettati nella speranza di trovare persone ideali nei posti e funzioni che vengono istituiti, dobbiamo prevedere delle garanzie che riequilibrino situazioni distorsive del genere.

Non si può lasciare la giustizia in mano di una manciata di persone che vivono insieme nello stesso palazzo, in nessun paese al mondo accade questo.

Far partecipare una componente non togata, espressione del popolo sammarinese, alla gestione della giustizia, offre la possibilità di promuovere quelle azioni che i giudici non promuoverebbero mai contro sé stessi, siccome nessuno lede i suoi interessi personali in nome della giustizia.

In questo modo si recupera l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici, non la si diminuisce, soprattutto a garanzia del cittadino.

Avv. Achille Campagna