Come forse molti di voi già sanno io vivo in Libia da diversi anni. Sono arrivato a Tripoli nel gennaio del 2011 e, dopo otto mesi trascorsi nell’infernale carcere politico di Rwuemi Einzara, nell’agosto dello stesso anno mi sono unito ai rivoluzionari e ho combattuto al loro fianco per la caduta del regime di Gheddafi. Da allora sono rimasto a Tripoli, dove ho continuato a collaborare con le milizie rivoluzionarie ( i Twuar) nel ruolo di capitano delle Forze Speciali di Sicurezza Marittima ( El Esznadhi al Bahri) guidando diverse missioni di recupero feriti e sfollati da Bengasi e Sirte e dove parallelamente ho avviato una mia attività. Posso quindi dire di conoscere bene la realtà di questo paese e la mentalità del popolo libico.
Proprio per questo, non riesco a rimanere indifferente quando leggo sulla stampa italiana notizie sulla Libia false o stravolte. Purtroppo, infatti, ultimamente i giornali italiani pubblicano sempre più spesso articoli riguardanti la Libia senza avere un inviato qui in loco e quindi si limitano a riportare (se non addirittura a interpretare) notizie che qualche altra fonte internazionale lancia. Alcune testate italiane, per esempio, si rifanno a fonti online che si propongono come fonti libiche, ma che, a ben vedere, sono esse stesse gestite da giornalisti che se ne rimangono tranquilli a Londra o in altre capitali europee. Perché dunque nessun giornale italiano ha un inviato qui in Libia. O per lo meno un inviato stabile? Qualche giornalista, i soliti eccellenti 3/4 inviati di guerra italiani, nel corso degli anni sono venuti qui a Tripoli, facendo ottimi lavori ( l’Italia ha tra i migliori reporter di guerra del mondo come Biloslavo, Semprini, Battistini e il miglior giovane fotografo di guerra del mondo Micalizzi) ma poi ritornano in Italia e le bufale incontrollate riprendono il sopravvento.
Perché dunque nessuna redazione ritiene importante venire a vedere di persona cosa succede sull’altra sponda del Mediterraneo? In fondo la Libia è di fronte a casa nostra e molti sono ancora (e molti di più potrebbero essere!) gli interessi italiani in Libia. Vorrei quindi approfittare dell’opportunità che il Direttore Marco Severini mi offre di questo spazio, per portare una testimonianza diretta di quello che accade qui in Libia. In particolare vorrei cominciare analizzando la questione della presenza dell’ISIS qui in Libia perché sulla presenza del terrorismo islamico sono state date alcune notizie false mentre altre notizie non sono state date affatto.
Per definire la questione della presenza della dell’ISIS qui in Libia, bisogna chiarire i seguenti punti: Dopo la Rivoluzione Libica del 2011, molti rivoluzionari libici, sull’onda dell’entusiasmo della Primavera Araba, sono andati in Siria con l’intento di portare aiuto e supporto alla rivoluzione siriana.In Siria ci sono stati i primi contatti tra alcuni rivoluzionari libici di Derna e alcuni rivoluzionari siriani che facevano parte di Al-Nusra, il fronte estremistico jihadista affiliato ad Al-Qaida. A seguito di questi contatti, una piccola parte dei rivoluzionari di Derna si sono convertiti alle idee estremiste fornendo inizialmente un supporto logistico all’invasione stessa di Derna, la città più fortemente islamica di tutta la Libia dove i terroristi hanno imposto una sharia (la legge islamica) ferrea e hanno preso il controllo della città. La Libia è un paese al 100% musulmano, ma segue la corrente islamica malikita, che è più moderata e che si pone quindi in totale contrasto rispetto alla corrente wahhabita di matrice Saudita che ha ispirato sia Al Qaida sia l’Isis. I mujaheddin di Derna, dunque, resisi conto che il sistema imposto dai terroristi non corrispondeva alla loro visione dell’Islam e, soprattutto, non condividendo le loro mire espansionistiche e violente, si sono rialleati con gli altri Twuar che non hanno mai voluto la presenza dell’Isis nella loro città e hanno cacciato l’Isis da Derna infliggendo allo Stato Islamico la prima sconfitta militare in Libya .
Cacciati da Derna, i terroristi hanno trovato riparo a Sirte, città natale di Gheddafi, dove covava ancora un forte risentimento antirivoluzionario e dove i fedeli del raìs forse pensavano di poter sfruttare il braccio armato dei nuovi arrivati per riprendere il controllo del Paese. Per un certo periodo, quindi, a Sirte la collaborazione tra terroristi e reazionari ha dato vita al cosiddetto “ISIS verde”, ovvero l’ISIS che abbracciava la bandiera del regime di Gheddafi. Lo scopo di questa anomala coalizione era riconquistare la Libia iniziando ad impadronirsi dei pozzi di petrolio della zona di Sirte e di compiere attentati terroristici, il più efferato dei quali ha portato alla morte di circa 60 cadetti della polizia in Zlitten una città controllata dal Governo di Tripoli e posta a circa 50 km da Misurata.
A questo hanno fatto seguito il solito psicopatico repertorio dello Stato Islamico fatto di crocifissioni, gole tagliate e altri orrori quotidiani che essendo perpetrati ai danni dei libici non hanno fatto notizia. Un Twuar di Misurata e’ stato pure bruciato vivo, come accadde tra lo sdegno mediatico totale per il povero pilota giordano, senza ovviamente ricevere nessun interesse mediatico. In tutto questo, il Feldmaresciallo(sic) Haftar, ex colonnello dell’esercito di Gheddafi che oggi si proclama nemico del terrorismo e che appare sulle pagine dei giornali internazionali come difensore della libertà libica, non ha fatto assolutamente niente.
E’ sconcertante vedere Haftar sui giornali che dichiara di aver sconfitto il terrorismo quando l’intero califfato libico ha attraversato, su una colonna di oltre 80 pick up murati di terroristi armati sventolanti le bandiere nere dell’Isis bene in vista, gli oltre 1.000 km di territorio che separano Derna da Sirte. Territorio quasi tutto controllato da Haftar stesso. Il quale possiede aerei ed elicotteri (pagati profumatamente dai suoi protettori che sono gli egiziani, i francesi, gli emirati e oggi i russi) che avrebbero potuto annientare la colonna in pochi minuti.
Aerei ed elicotteri che invece continuano a martoriare quartieri di Bengasi creando un disastro umanitario (Ganfuda) del quale naturalmente nessuno si occupa. Per cacciare i terroristi da Sirte, dunque, si sono organizzate le milizie Twuar volontarie che erano nate durante la rivoluzione e che non si erano mai sciolte. Da maggio a novembre scorso, infatti, si è svolta una lunga operazione militare chiamata “Operazione Bunian al Marsus” (edificio dalle fondamenta solide), che ha visto da una parte i terroristi islamici asserragliati a Sirte, e dall’altra le milizie rivoluzionarie Thuwar di Misurata, Tripoli ( in particolare il mio Corpo Twuar” Forze Speciali di Sicurezza Marittima”) e Bengasi( gli stessi che combattono Haftar). Dopo lunghi mesi di scontri, e grazie all’intervento dei bombardamenti statunitensi, alla fine i Twuar hanno vinto e hanno battuto i terroristi, uccidendone circa 3000. Questa seconda pesante sconfitta militare dell’ Isis in Libya è avvenuta grazie al coraggio di milizie volontarie, quali sono le milizie rivoluzionarie Twuar, e non certo di un esercito nazionale arruolato con leva obbligatoria.
Tuttavia, per i 720 Twuar morti durante la battaglia e gli oltre 2200 feriti e quindi immolati alla causa anti-terrorista non si è levato nemmeno un “Grazie”, non è apparsa sui Social nessuna bandiera verde con scritto “Je suis Libyen”, né è stata indetta alcuna raccolta fondi per le famiglie di questi giovani partiti volontari. L’ospedale militare italiano costruito a Misurata e stata un ottima iniziativa ma partita troppo tardi ( ad operazione quasi finita ) e con una timidezza eccessiva. Comunque pur sempre un iniziativa positiva. La liberazione di Sirte da parte delle milizie Twuar ha impedito che da quell’avamposto partissero terroristi (alcuni purtroppo durante il periodo che hanno controllato Sirte potrebbero comunque essere partiti) alla volta dell’Europa, infiltrati tra i migranti come lupi solitari.
Con il Comando delle Forze Speciali di Sicurezza Marittima abbiamo fermato, nel periodo che l’Isis ha controllato Sirte, oltre 650 migranti nel tratto di costa sotto il nostro controllo( tutti assistiti e consegnati all’Ufficio Immigrazione ) ma l’esigua disponibilità di mezzi non ha permesso di effettuare un controllo 24 ore su 24 anche perché una parte delle imbarcazioni era dedicata al recupero dei feriti e degli sfollati.
Tra i terroristi uccisi a Sirte c’erano anche molti affiliati di Boko Haram, l’organizzazione terroristica estremista sub-sahariana che fornisce molte “braccia” all’ISIS. Questo significa che la sconfitta inflitta all’ISIS a Sirte ha indebolito anche le fila dei suoi affiliati. All’interno delle linee dell’ISIS la percentuale di libici è inferiore all 3 percento. Questo significa da una parte che l’ideologia estremista ha fatto poca presa tra i libici (per un diverso modo di intendere l’Islam, come si è detto), e dall’altra che sono ben altre le nazioni che alimentano l’ondata di fanatismo.La maggioranza dei terroristi uccisi qui in Libia, per esempio, era di nazionalità tunisina, seguita da terroristi di origine egiziana, algerina, siriana, saudita, irachena e perfino cinese. Tre gli europei trovati con passaporto inglese.
Moltissime invece le prove di movimenti di denaro dalle banche saudite e qatariote che giustificavano le armi modernissime che hanno falcidiato i nostri soldati i quali invece a causa dell’embargo hanno dovuto usare armi di oltre 30 anni fa. La stupidità dei burocrati, legislatori, giuristi e controllori vari colpisce inesorabilmente ad ogni livello.
In conclusione la Libia, pur essendo un paese totalmente islamico, ha combattuto e sconfitto quell’Isis che a parole doveva essere fronteggiato con grande fermezza dai nostri eroici (nei discorsi ) governi occidentali. Ma il pericolo non è finito, I tagliagole che sono riusciti a scappare da Sirte si sono spostati nel Fezzan, negli sconfinati territori desertici più meridionali e sicuramente tenteranno nuove sortite. Un dato di fatto positivo però c’è, ed quello che il popolo libico ha mostrato attivamente non solo di volersi opporre al terrorismo, ma di volerlo combattere e di saperlo vincere.
Giulio Lolli