Israele avvia occupazione di Gaza City e conferma che “spaccherà” in due la Cisgiordania: tensione internazionale alle stelle

L’esercito israeliano ha annunciato oggi l’avvio della prima fase dell’occupazione terrestre di Gaza City, mentre il governo di Tel Aviv dà il via libera a un massiccio piano di insediamenti in Cisgiordania che rischia di compromettere definitivamente la soluzione dei due Stati. La notizia arriva in un contesto già teso, con la comunità internazionale che chiede un immediato cessate il fuoco e la protezione dei civili.

Secondo il generale di brigata Effie Defrin, portavoce delle Forze di difesa israeliane (IDF), le operazioni preliminari hanno già permesso il controllo della periferia della città. L’offensiva terrestre segue mesi di attacchi aerei e di raid mirati contro le “ultime roccaforti di Hamas”, comprese aree densamente abitate e campi profughi, e prevede lo sgombero di circa un milione di palestinesi verso sud, oltre al richiamo di circa 60.000 riservisti.

Parallelamente, il governo Netanyahu ha approvato il controverso progetto E1, un corridoio a est di Gerusalemme lungo circa 12 chilometri quadrati, destinato a ospitare oltre 3.400 nuove unità abitative per coloni israeliani. Il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, ha dichiarato che la costruzione “cancella l’illusione di uno Stato palestinese” e rappresenta “un altro chiodo sulla bara della soluzione dei due Stati”.

Il piano E1, originariamente congelato nel 2012 per le pressioni della comunità internazionale, mira a impedire la continuità territoriale tra Ramallah e Betlemme, creando una barriera fisica tra il nord e il sud della Cisgiordania e consolidando la presenza israeliana nell’area di Ma’ale Adumim. Gli insediamenti israeliani nei territori occupati dal 1967 sono considerati illegali dalle Nazioni Unite.

La comunità internazionale ha reagito con preoccupazione. L’Unione Europea ha ribadito che le politiche di insediamento e le operazioni militari “alimentano una situazione già tesa e compromettono ulteriormente ogni possibilità di pace”. Il presidente francese Emmanuel Macron ha definito la nuova offensiva “un potenziale disastro per i due popoli e un rischio di escalation permanente nella regione”. La storica organizzazione pacifista israeliana Peace Now ha denunciato il progetto come un tentativo deliberato di sabotare una soluzione politica e di instaurare “uno stato di apartheid binazionale”.

Dal canto loro, Stati Uniti e governo Netanyahu mostrano pieno sostegno reciproco. Donald Trump ha definito il premier israeliano “un eroe di guerra che sta combattendo per il suo Paese”, mentre il dipartimento di Stato americano ha annunciato nuove sanzioni contro quattro giudici della Corte penale internazionale che avevano emesso mandati di arresto per crimini di guerra nei confronti di Netanyahu e del suo ex ministro della Difesa.

Sul terreno, l’IDF segnala di aver respinto un attacco su larga scala vicino a Khan Yunis, con dieci miliziani uccisi e tre soldati feriti, mentre le Brigate Ezzedin al Qassam rivendicano perdite tra le forze israeliane. La situazione rimane estremamente volatile e la comunità internazionale segue con apprensione le mosse israeliane, in attesa di una possibile risposta araba alla proposta di tregua di 60 giorni già accettata dalla fazione palestinese.

La combinazione tra offensiva militare a Gaza e ampliamento degli insediamenti in Cisgiordania segna un punto critico nella lunga crisi israelo-palestinese, con conseguenze potenzialmente drammatiche per la popolazione civile e per la stabilità dell’intera regione.