Le famiglie con figli sono sempre più a rischio povertà ed esclusione sociale. Il tasso sale al 48,3% per le coppie con tre o più figli rispetto al 39,4% dell’anno scorso e raggiunge il 51,2% se si tratta di minorenni. Mentre il dato generale rimane stabile al 28,7%, ma con forti differenze territoriali: si va dal 46,4% del Mezzogiorno al 24% al Centro (in entrambi i casi si tratta di percentuali in aumento) al 17,4% (dato in lieve calo rispetto al 2014). Inoltre corrisponde a 17 milioni 469 mila persone a rischio di povertà ed esclusione sociale, ben oltre il parametro di 12 milioni 882 mila stabilito da Europa 2020.
Il reddito medio in Italia è di 29.472 euro, e la buona notizia è che nel 2014 finalmente torna stabile stabile, interrompendo una caduta in atto dal 2009 che ha comportato una riduzione complessiva di circa il 12% del potere d’acquisto. Ma la metà delle famiglie non va oltre i 24.190 euro, mentre al Sud si scende a 20.000 euro. La distribuzione è estremamente diseguale: misurando la disuguaglianza attraverso l’indice di Gini, in Italia il valore è pari a 0,324, sopra la media europea di 0,310. “Nella graduatoria dei Paesi dell’Ue l’Italia – sottolinea l’Istat – occupa la sedicesima posizione assieme al Regno Unito”. Tra i Paesi con una disuguaglianza maggiore Cipro (0,336), Portogallo (0,340), Grecia (0,342) e Spagna (0,346).
Se invece si valuta la disuguaglianza attraverso il confronto diretto dei redditi, il 20% più ricco delle famiglie italiane percepisce il 39,3% dei redditi totali, mentre il 20% più povero ne percepisce il 6,7%. Una situazione che si è aggravata negli anni della crisi: nel periodo 2009-2014 la contrazione di reddito in termini reali è stata molto più forte per le famiglie del primo quinto, quello con i redditi più bassi, il cui reddito equivalente medio, inclusivo degli affitti figurativi, è diminuito del 13%, a fronte di una riduzione media del 9,0%. Ne è seguito un aumento della disuguaglianza, con il reddito delle famiglie più ricche passato da 4,6 a 4,9 volte il reddito delle famiglie più povere. Il 36,8% delle famiglie più povere vive tra Sud e Isole rispetto al 14,8% di quelle che vivono nel Centro e all’11,1% delle famiglie del Nord. All’opposto si posiziona nel quinto più ricco una famiglia su quattro del Nord e del Centro rispetto al 7,8% di quelle che vivono nel Mezzogiorno.
Ma cosa significa essere “a rischio di povertà e di esclusione sociale”? Ci si trova in questa situazione quando si sperimenta almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale, bassa intensità di lavoro. Si trovano invece in condizione di grave deprivazione le persone che presentano almeno quattro segnali di deprivazione materiale sui nove. Sono, in dettaglio, essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito;non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione;non poter sostenere spese impreviste di 800 euro;non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano; non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno lontano da casa; non potersi permettere un televisore a colori; non potersi permettere una lavatrice; non potersi permettere un’automobile; non potersi permettere un telefono.
Tra i vari parametri, c’è un peggioramento di quello che riguarda le spese impreviste e il pagamento degli arretrati di bollette, prestiti e mutui, mentre migliorano gli altri. In particolare per le persone che vivono in coppia con almeno tre figli l’impossibilità di far fronte a una spesa imprevista di almeno 800 euro è passata dal 48,1% al 52.8%, mentre la quota di chi è in arretrato con mutui, prestiti o bollette passa dal 21,7% del 2014 al 30,4%.
Oltre che la disuguaglianza, si aggravano le condizioni dei “working poor”, cioè dei lavoratori “a bassa intensità di reddito”. Conta molto il titolo di studio: l’elevato livello di istruzione risulta “sistematicamente
associato a una collocazione della famiglia nella parte alta della distribuzione dei redditi”: quattro famiglie su 10, se il percettore principale è laureato, appartengono al quinto più ricco della distribuzione dei redditi.
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