CHE COS’È MAI la vigilia di Sampdoria-Inter, e Sampdoria-Inter medesima, se non un’elongazione di destini convergenti? Vorremmo partire da Walter Zenga, che – sia detto senza offesa – è più nerazzurro di Roberto Mancini. Il quale, a sua volta, è senz’altro più doriano, almeno finora, dell’ex Uomo Ragno. Però la gamba di Stevan Jovetic entra subito nel discorso, in scivolata. Il montenegrino, che non giocherà domani a Marassi, è diventato un caso: la sua nazionale lo vuole nel momento cruciale delle qualficazioni europee, nonostante il ragazzo soffra l’elongazione del bicipite femorale della sinistra coscia, magagna confermata anche da un consulto medico non nerazzurro. Il problema è che dopo la pausa delle nazionali c’è Inter-Juventus e il Mancio vorrebbe avere uno Jovetic quantomeno sano alla Pinetina. Augurandosi (è un eufemismo) che il Montenegro, con amara decisione, non lo abbia nel frattempo mandato allo sbaraglio. L’Inter ha dunque le orecchie alzate (altro eufemismo) e spera nella clemenza dei dirimpettai d’Adriatico. In attesa di sviluppi non elonganti, riecco spuntare gli zigomi da
baüscia di Zenga e il profilo rinascimentale del falconiere Mancini, nel loro misurarsi schietto in campo aperto, finanche col tempo plumbeo di mille acquazzoni che pèncolano su Genova. L’ex nerazzurro darà al suo schieramento la modulistica temperata e proterva del 4-3-1-2; l’ex doriano fa invece grande fumisteria – o la facciamo noi – dopo le infeconde variazioni sul tema contro la Fiorentina mannara di sette giorni fa: difesa a 3 con Ranocchia centrale per via del Miranda squalificato? Centrocampo a 4 con Melo e Medel nel cuore sodo della mediana e con sacrificio non incruento di Guarin? Oppure il Mancio propenderà per una via intermedia? L’unica certezza è il colore delle maglie dell’Inter: giallo Canarie sottovento, coi bordi in dissolvenza d’antrace. Chissà se l’inedita tinta della terza casacca donerà a Maurito Icardi, altro attore di destini incrociati con la Doria, luogo del suo primo diletto erboso, almeno qui in Italia? In questi giorni, sollecitato dall’universo multimediale, il cannoniere dell’Inter non fa che esternare. A domanda risponde un po’ su tutto. Ieri l’italo-argentino ha negato di avere avuto frequentazioni con Mario Balotelli. Dall’altro lato dell’elongazione agonistica c’è quell’altro degno punteruolo, Martins Eder, che ringrazia l’Inter per la corte di questa estate: «Onorato, ma domani ti batto». Sulla necessità di battersi a vicenda, di necessità virtù, concordano sia Zenga sia Mancini, venendo da due sconfitte diverse nella gravità contro Atalanta e Fiorentina, ma pur con lo zero come minimo comun divisore. Alla capolista toccherà il melodramma più strutturato: quello di non perdere la testa e di non smodularsi. Alla Sampdoria il compito più pragmatico di rimettersi in rotta per l’eccellenzaa. E a Zenga la gioia velata, ma pur sempre viva, di angustiare chi non lo ha mai richiamato in servizio, in chiappa seduta. Nel viluppo di destini, ieri ha detto la sua anche Biabiany, che ha un sano cuore in petto dopo qualch problema cardiaco che aveva contristato la sua carriera: «All’Inter c’è la mia casa, c’è la mia famiglia». Anche Antonio Cassano, dalla panca coperta, sente spifferi all’incrocio dei destini. Serve un’incerata?
