
Tra giugno 1962 e gennaio 1964, più di una dozzina di donne sole, tra i 19 e gli 85 anni, furono uccise, tutte strangolate, nell’area di Boston. A confessare i crimini a inizio 1965, fu l’addetto alle manutenzioni 33enne, padre di due bambini, Albert deSalvo, già in prigione per stupro e poi ucciso nel 1973 in carcere. Una storia ancora piena di misteri (molti dubitano sia stato lui a compiere tutti i delitti) e silenzi, come sul fatto che a collegare pubblicamente più omicidi e a seguire la pista del serial killer furono due giornaliste coraggiose, Loretta McLaughlin e Jean Cole. E’ la prospettiva che esplora Matt Ruskin in Lo strangolatore di Boston, il noir con protagoniste Keira Knightley e Carrie Coon, al debutto il 17 marzo su Star all’interno di Disney+. “Ho scoperto la vicenda dello strangolatore di Boston attraverso la sceneggiatura meravigliosa di Matt – spiega Keira Knightley nella conferenza stampa internazionale in streaming -. Ho trovato fosse molto interessante poterla raccontare dal punto vista di queste due giornaliste. Anche perché sono in molti a non sapere come la storia sia venuta fuori grazie a loro. E’ come se fossero state cancellate dalla storia”. Nel film (che ha lo stesso titolo del film cult del 1968 con Tony Curtis nel ruolo del serial killer) seguiamo Loretta McLaughlin (Knightley), reporter per il Record-American, dove viene relegata a pezzi sulle mogli dei politici o sulla gestione della casa. Dopo i ritrovamenti a Boston dei corpi di tre donne anziane, decide di indagare e scopre il collegamento tra i crimini, compiuti tutti attraverso strangolamenti con una calza. Il direttore, Jack MacLaine (Chris Cooper) inizialmente scettico, nonostante le minacce da parte delle autorità, decide di sostenerla affiancandole una collega più esperta, Jean Cole (Coon). Le due donne, pur diverse nell’approccio al lavoro, formano un team implacabile, capace di non farsi fermare ne’ dal maschilismo dominante nella società ne’ dall’ostracismo da parte della polizia, a parte poche eccezioni come il detective della Omicidi Jim Conley (Alessandro Nivola). Le due reporter arrivano così sia a DeSalvo che ad altri possibili responsabili dei crimini. “Essendo di Boston, sapevo dello strangolatore, ma non conoscevo a fondo il caso – spiega il regista Matt Ruskin, già autore di Il coraggio di lottare, sulla storia vera di Colin Warner: ingiustamente accusato e condannato per un crimine non commesso -. Solo qualche anno fa ho iniziato a scavare e ho capito quanto fosse una vicenda piena di colpi di scena, che rifletteva profondamente anche l’epoca. Poi quando ho scoperto dell’esistenza di Loretta McLaughlin e Jean Cole ho capito che concentrami su di loro sarebbe stato un modo molto coinvolgente di rivisitare i fatti”. C’erano “poche informazioni su Jean e Loretta”, scomparse rispettivamente nel 2015 e nel 2018 ma “sono riuscito a contattare le loro famiglie. Più me le raccontavano più cresceva la mia ammirazione per entrambe”. Carrie Coon è rimasta profondamente colpita anche dalla determinazione di Jean e Loretta nel diventare giornaliste: “Io sono cresciuta nel Midwest: mia madre era un’infermiera, una delle mie nonne una maestra e l’altra una casalinga. Erano quelle le opportunità che avevano le donne a quel tempo a parte fare le segretarie. Jean e Loretta hanno lottato durante per affermarsi”. Per Keira Knightley “il film è una sorta di canzone d’amore dedicata al giornalismo investigativo delle reporter. Evidenzia quanto sia importante avere delle donne in posizioni di potere anche nel racconto dei fatti. Sono state Loretta e Jean a capire quanto fosse importante far arrivare la vicenda al pubblico per rendere Boston più sicura. Era un caso che l’establishment maschile fino ad allora aveva ampiamente trascurato. E’ meraviglioso avere una storia che evidenzi come avere tante giornaliste di talento sia un bene anche per la sicurezza delle nostre comunità”. Keira Knightley “ha trovato di grande ispirazione la tenacia di Loretta. Tutto ciò che lei affronta, come un mondo lavorativo dominato dagli uomini, dover trovare un equilibrio tra il suo lavoro e l’avere una famiglia, voler dare giustizia a queste donne, sono battaglie in cui possiamo riconoscerci anche oggi”.
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