
Kiev. Il tragitto fra la periferia Nord Ovest di Kiev e il sobborgo di Irpin è sempre più desolato e segnato dalla guerra. Un’ambulanza è stata colpita e abbandonata fuori strada. Al posto di blocco all’ingresso della cittadina c’è un solo autobus giallo in attesa dei pochi sfollati che ancora riescono a fuggire da Irpin in parte occupata dai russi. Vitaly l’autista di una tv locale si è improvvisato volontario per andare a prendere gli ultimi civili in fuga. Nessuno giornalista potrebbe passare, dopo l’ecatombe della stampa, un caduto al giorno in 72 ore e 35 feriti. «Vedi quelle barelle insanguinate? Ho soccorso io i tuoi colleghi l’altro giorno. Uno era stato colpito alla nuca (Brent Renaud, nda) ed è morto sul colpo e gli altri erano feriti. Sei sicuro di proseguire?» chiede un poliziotto di guardia all’ultima postazione ucraina alla periferia di Kiev. Vitaly, mimetica e capelli lunghi brizzolati, va avanti e indietro ed è uno che «annusa» le granate in arrivo. Il suo mini van blu lo conoscono tutti in prima linea. Il posto di blocco con i grossi tronchi usati come barriera in mezzo alla strada è presidiato da soldati giovanissimi. «Siamo cadetti di vent’anni che non si tirano indietro» sottolinea un giovane ufficiale. La solita «musica» dei duelli di artiglieria non lo smuove di un millimetro. I russi tirano con i lanciarazzi multipli ad Est, non molto distante. L’artiglieria ucraina annidata da qualche parte nelle vicinanze lancia cannonate verso le postazioni nemiche. Uno dei militari ucraini annidati nel bosco mi regala una scheggia di mortaio, che se becca una persona l’ammazza sul colpo. Più a Nord, a Novy Petrivtsi, l’artiglieria russa ha colpito una zona residenziale. «Un grattacielo è stato distrutto e le case vicine danneggiate. Al momento si registra la morte di un bambino di due anni e quattro persone ferite» comunica la polizia locale.
Alle porte di Irpin i boati delle cannonate si mescolano alle raffiche delle armi automatiche nei combattimenti casa per casa. «Mi chiamo Artem. Sono il cadetto che la scorterà fino al ponte perché l’area è sotto attacco» dichiara quasi scattando sull’attenti un ragazzo di vent’anni in tenuta da combattimento. Con lui davanti avanziamo su un tappeto di detriti. Le case prima del ponte all’imbocco di Irpin sono quasi tutte colpite o sfondate dalle granate. Il supermercato che funzionava ancora fino a pochi giorni fa è incenerito, ma ancora parzialmente in piedi. I soldati lo usano come rifugio. «Questi sono i risultati dell’attacco russo» illustra Artem, che vuole fare in fretta per evitare di essere individuati dal nemico alle porte. Gli ucraini cantano vittoria per una controffensiva che ha permesso di riprendere il controllo di Irpin, almeno in parte. Sicuramente tengono ancora il ponte che hanno fatto saltare per rallentare l’avanzata russa. I civili in fuga in mezzo alle bombe sono sempre meno e oltre il cimitero della macchine abbandonate dalle migliaia di persone scappare nelle ultime settimane i primi palazzi bianchi della città sono ancora in mano alle truppe di Kiev. In altri più indietro si anniderebbero i cecchini russi, ma la colonna a un passo della capitale sembra essere stata fermata, almeno per ora.
Kiev, però, continua a essere sotto tiro. Un civile è morto e altri tre sono rimasti feriti per i resti di un missile russo lanciato sui cieli della capitale poco dopo le 5 del mattino, ma intercettato dalla contraerea ucraina. I rottami hanno centrato un edificio e trenta persone sono state evacuate.
Per la prima volta in uno dei grossi supermercati aperti, dopo 36 ore di fila di coprifuoco, gli scaffali sono più vuoti del solito. Non c’è il pane e neppure l’acqua. Manca addirittura la carta igienica e i clienti si aggirano come fantasmi alla ricerca di qualcosa di commestibile che non costi un occhio della testa come il prosciutto Serrano ancora disponibile. «Gli alimenti sono diminuiti e quelli rimasti costano troppo. Il sindaco di Kiev ha detto che in caso di assedio abbiamo scorte per due settimane» spiega Olena, una signora di mezza età. «Stalin ci ha sterminato levandoci il pane nel 1936 e Putin è un suo degno alunno con i bombardamenti sui civili. I russi proveranno a usare anche l’arma della fame».
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