Come la storia ha assodato, i comunisti di tutti i tempi e luoghi, per affermarsi e governare ingannarono il popolino credulone. I nipotini di Stalin, promisero paradisi terrestri e realizzarono povertà e morte. Nel terzo millennio, è (quasi) vero che i marxisti non esistono più e non ammazzano più nessuno (a parte i bimbi in grembo), ma è altrettanto vero che i post comunisti, da cattivi ecologisti, il vizietto della bugia e delle menzogna non l’hanno ancora riciclato alla cristallina trasparenza. Prendiamo la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua per esempio. Ennesima pazzesca bufala ideata dai vinti delle ultime elezioni, guarda caso reclamizzata dalle associazioni ambientaliste (il cui Dna, giova ricordarlo, è al 100% progressista), da Rifondazione Comunista, da ampi settori del Pd, dall’Italia dei Valori, e la pressoché totalità di amministrazioni locali guidate dal centro-sinistra. Della serie: vi conosco mascherine! La battaglia contro la presunta privatizzazione dell’acqua prende spunto dalla riforma dei servizi pubblici locali approvata dal Parlamento a novembre con l’articolo 15 del decreto legge Ronchi-Fitto 135/2009. Per separare la demagogia dei soliti noti, dalla corretta analisi politica è necessario porsi alcune domande. La legge voluta dal governo Berlusconi prevede effettivamente la privatizzazione del bene acqua? È davvero la privatizzazione il problema chiave in un paese dove il 90% delle gestioni idriche restano pubbliche? Se così non è, quali sono, invece, i problemi reali. Non è vero che l’acqua possa essere privatizzata, non ci sono dubbi. L’acqua resta un bene amministrato. Restano saldamente nelle mani delle autorità pubbliche l’indirizzo e il controllo amministrativo, la formazione delle tariffe, la proprietà degli acquedotti, degli impianti di depurazione, delle fognature e degli altri impianti. Il problema è rafforzare (anche tecnicamente) e lottizzare meno queste leve pubbliche di comando del sistema. Resta pubblico anche l’organo di vigilanza, mentre la discussione principale oggi riguarda l’opportunità di istituire un’Autorità indipendente di settore sul modello delle tlc e dell’energia. Possono essere affidate in concessione, oggi come ieri, a imprese private o a società miste pubblico privato le gestioni dei servizi idrici di acquedotto, fognatura e depurazione. La riforma voluta dal governo Berlusconi innova sui criteri di affidamento delle gestioni idriche, come degli altri servizi pubblici locali. Tralasciando i complessi dettagli tecnici della “privatizzazione”, al cittadino comune dovrà interessare unicamente il fatto che la liberalizzazione moderata garantirà maggiore trasparenza, più efficienza e meno sprechi. Ed inoltre, come ignorare l’elemento che i reati di concussione, malversazione, peculato e corruzione portano il copyright della pubblica amministrazione? Considerato l’altissimo tasso di dirigenti statali indagati e magna magna, il governo Berlusconi, non solo dovrà privatizzare il bene dell’oro blu, del gas e dei beni di primo consumo, ma permettere l’accesso ai “privati” anche nelle nebulose galassie spendi e spandi della sanità e della scuola pubblica, vere fucine di imboscati e generatrici di deficit pubblico!
Gianni Toffali Verona