DOPO aver parlato per mesi nelle catechesi del mercoledì della bellezza della Famiglia, in preparazione al Sinodo che si è finalmente aperto ieri, papa Francesco aprendo i lavori che entreranno oggi nel vivo compie un passo oltre: «Il matrimonio non è utopia adolescenziale, da ridicolizzare, ma un sogno senza il quale la creatura di Dio sarà destinata alla solitudine», avverte. Basta ridicolizzare il matrimonio, come troppo spesso fa l’uomo di oggi. Lo stesso che corre dietro ai «piaceri carnali» ma resta poi «affascinato da ogni amore autentico e solido».
San Pietro, ore 10. Basilica gremitissima, in 314 concelebrano. Il Papa dice una messa solenne che darà il via al mini-concilio parte seconda, da cui si attende una svolta nella pastorale familiare. E parte dalla solitudine dell’uomo, quella originaria della Creazione quando Adamo viveva privo di Eva, per tracciare un filo rosso col vuoto profondo che attanaglia il cuore degli uomini di oggi.
ANZIANI abbandonati perfino dai loro cari e dai propri figli; i tanti uomini e donne lasciati dalla propria moglie e dal proprio marito; tante persone che di fatto si sentono sole, non capite e non ascoltate; i migranti e i profughi che scappano da guerre e persecuzioni; e ancora, i tanti giovani vittime della cultura dello scarto. Una appassionata disamina che è quasi una lacrima versata per l’uomo contemporaneo, e da cui Francesco getta ancora una volta le basi per il suo programma di Chiesa. Vera bussola per i padri sinodali.
«UNA CHIESA con le porte chiuse – sillaba dal pulpito – tradisce se stessa e la sua missione, e invece di essere un ponte diventa una barriera». Invece, di fronte a sé ha «l’uomo che sbaglia che deve essere sempre compreso e amato». La Chiesa non punta «il dito per giudicare gli altri – sferza –, ma fedele alla sua natura di madre si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia; di essere ‘ospedale da campo’, con le porte aperte ad accogliere chiunque bussa; di uscire – scandisce ancora – dal proprio recinto verso gli altri con amore vero, per camminare con l’umanità ferita, per includerla».
COSÌ il Papa difende «l’unità e indissolubilità del matrimonio» tra l’uomo e la donna, progetto di Dio per l’uomo, ma sa anche che dietro la difficoltà ad aderire a un amore duraturo, «nella salute e nella malattia, nella ricchezza e nella povertà, nella buona e nella cattiva sorte», un amore che è sempre più deriso, come fosse «roba dell’antichità», c’è quella «paura che paralizza» e condanna alla gabbia della propria solitudine. Sembrerebbe poi, ricorda acutamente Bergoglio, che le società più avanzate siano proprio quelle che hanno la percentuale più bassa di natalità e la percentuale più alta di aborto, di divorzio, di suicidi e di inquinamento ambientale e sociale». La Chiesa, dice pensando all’imminente sinodo, deve aiutare a polverizzare «la paura di aderire a questo progetto» dirigendo l’uomo verso quella ricongiunzione originaria verso di sé che in realtà desidera.
OGGI viviamo ancora l’esperienza di Adamo, dice Francesco: tanta potenza, accompagnata da tanta solitudine e vulnerabilità. «Ma il sogno di Dio per la sua creatura diletta è vederla realizzata nell’unione di amore tra uomo e donna, felice nel cammino comune, feconda nella donazione reciproca». Oggi la famiglia è un’icona, esorta, capace di sciogliere la durezza dell’individualismo e del legalismo ma soprattutto di liberare l’uomo da quel senso di solitudine tanto antico e tanto comune nel mondo globalizzato, insanguinato dai conflitti, impoverito nelle relazioni dal consumismo.
All’Angelus un altro monito sulla tragedia dei migranti, soprattutto ai «bambini infelici, con lo sguardo smarrito, che scappano da povertà e conflitti, bussano alle nostre porte e ai nostri cuori implorando aiuto». «Il Signore – ha detto Francesco – ci aiuti a non essere società-fortezza, ma società-famiglia, capaci di accogliere, con regole adeguate, ma accogliere, accogliere sempre con amore».
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