La Cig non ha funzionato Ora anche Gualtieri ammette il flop sussidi

«Probabilmente avremmo dovuto da subito cambiare le procedure per la cassa integrazione in deroga, che si sono rivelate troppo lente, è la cosa che ha funzionato peggio». Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, ieri su Rai Tre, ha ammesso che le politiche anticrisi basate sui sussidi a pioggia si sono rivelate farraginose. Anche se il titolare del Tesoro ha puntualizzato che «in questa prima fase l’obiettivo è stato proprio quello di cercare di non lasciare indietro nessuno», è chiaro come le sue parole siano risuonate come un atto d’accusa nei confronti del ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, che di bonus e ammortizzatori sociali erogati indiscriminatamente ha fatto la cifra della propria azione.

Una manovra neanche troppo discreta di smarcamento dall’ingombrante assistenzialismo pentastellato in nome di scelte convintamente europeiste. Il discorso di Gualtieri si può sintetizzare in questo modo. Non a caso il ministro ha puntualizzato, come già precisato dal commissario Paolo Gentiloni, che le risorse del Recovery Fund non potranno invece essere usate per il taglio delle tasse. Sull’uso del Recovery Fund, ha detto, «Gentiloni ha ragione, la riduzione fiscale la vogliamo realizzare con la riforma fiscale. È una riforma importante, ha un costo a regime e quindi non può essere finanziata con risorse temporanee». La riforma, pertanto, «si dovrà autofinanziare».

Il che significa che quasi sicuramente ci saranno vincitori (i redditi medio-bassi) e vinti, cioè i redditi più elevati e le imprese, che rischiano di essere penalizzati dal taglio di detrazioni, deduzioni e bonus per finanziari gli sgravi come il taglio del cuneo fiscale e l’assegno unico per i figli da rimodulare sulla base del reddito (sebbene sia stata promessa una clausola di salvaguardia).

Ne consegue che la manovra 2021 sarà un vero e proprio puzzle perché, partendo da già da una base di 25-28 miliardi di euro, non potrà contare (o comunque potrà farlo in misura ridotta) sugli anticipi del Recovery Fund. «I primi soldi, concretamente, arriveranno nei primi mesi del 2021: per questo vogliamo avere già ad ottobre le linee di fondo del Recovery Plan, in modo da interloquire subito con la Commissione Ue», ha sottolineato Gualtieri. Il corollario di questa tesi è che difficilmente potranno trovare spazio idee «futuristiche» di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario per ridurre il tasso di disoccupazione, come vagheggiato da Nunzia Catalfo che sta predisponendo il proprio catalogo di richieste da portare al Tesoro. In ogni caso, l’inquilino di Via XX Settembre ha continuato a dispensare ottimismo circa le possibilità di ripresa dell’economia, nonostante Confindustria si sia dimostrata scettica stimando per quest’anno un calo del Pil compreso tra il -10 e il -11 per cento. «Tutti gli indicatori economici fanno pensare che sia in atto nel terzo trimestre un forte rimbalzo del Pil», ha detto Gualtieri rimarcando che il Pil, nel 2020, «sarà peggio del -8%, ma non tanto». Circostanza confermata anche dal direttore produzione statistica dell’Istat, Roberto Monducci, nel corso di un’audizione. «Le informazioni disponibili per i mesi di luglio e agosto, seppure ancora parziali, suggeriscono il proseguimento della fase di ripresa», ha dichiarato ricordando che «nel 2019, la produttività del lavoro italiana ha registrato un incremento pari a 1,2 punti percentuali rispetto al valore del 2010, a fronte di un incremento medio di circa 8 punti percentuali di Germania, Francia e Spagna». Di qui il monito a usare le risorse del Recovery Fund per ridurre il gap: «Le politiche indifferenziate rischiano di essere dispersive», cioè uno spreco.



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