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  • La cinese Zte cessa le operazioni dopo il bando imposto dagli Usa

    L’azienda, colpita dalle restrizioni sull’acquisto di componenti dall’America, ha comunicato il fermo delle attività commerciali e prepara un ricorso al Dipartimento del commercio

    Con un comunicato ufficiale diffuso oggi, ZTE ha annunciato «la cessazione di tutte le principali attività». La decisione è conseguenza del “Denial Order” emesso lo scorso 16 aprile con cui il Dipartimento del commercio statunitense ha vietato alle aziende statunitensi la vendita di componenti a ZTE per i prossimi 7 anni. L’azienda cinese nei giorni scorsi aveva già sospeso la vendita dei propri smartphone sul suo ecommerce e su TaoBao, la piattaforma di e-commerce di proprietà di Alibaba.

    Nel 2017 ZTE aveva pagato una multa da 890 milioni di dollari al Governo USA per aver venduto prodotti e infrastrutture all’Iran e alla Corea del Nord, violando l’embargo imposto dagli Stati Uniti. L’accordo stipulato in quell’occasione con l’amministrazione americana prevedeva inoltre l’obbligo di licenziare quattro dirigenti e di sanzionare altri 35 dipendenti.

    A marzo l’azienda cinese ha ammesso di non aver rispettato il patteggiamento: i quattro dirigenti sono stati licenziati, ma i 35 dipendenti non hanno subito alcuna riduzione dei bonus, né sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari per aver condotto affari con i due stati canaglia. Tanto è bastato al Bureau of Industry and Security (BIS) del Dipartimento del commercio per decidere di sferrare il colpo potenzialmente fatale a ZTE, la cui produzione dipende per circa il 30% dall’importazione di chip, memorie e altri componenti dagli USA.

    «Ad oggi la compagnia conserva una liquidità sufficiente e aderisce ai propri obblighi commerciali», ha spiegato ZTE nel comunicato con cui ha ufficializzato il fermo delle operazioni. «La compagnia sta comunicando attivamente con i relativi dipartimenti del governo USA per facilitare la modifica o la revisione del Denial Order».

    Nonostante la speranza di un improbabile ricorso – già sottoposto al BIS domenica scorsa – o di una revisione delle sanzioni, per ZTE la prognosi rimane infausta. In linea con le politiche protezionistiche di tutta l’amministrazione Trump, anche il Dipartimento del Commercio non sembra per nulla intenzionato a ritornare sui propri passi. A meno di colpi di scena, il gigante cinese (quarto marchio di smartphone negli USA, 74.000 dipendenti in tutto il mondo) sarà probabilmente la prima vittima illustre dell’incombente guerra commerciale tra Washington e Pechino. A salvare in extremis ZTE, secondo gli esperti di settore, potrebbero essere solo gli sforzi lobbistici delle aziende americane a cui è stato fatto divieto di vendere componenti all’azienda cinese.