La doppia cittadinanza: una risorsa per il futuro di San Marino … di Giordano Bruno Luisè 

L’articolo della signora Ceccoli sulla questione della doppia cittadinanza merita una risposta ponderata ma ferma, poiché tocca temi fondamentali per il futuro della Repubblica di San Marino. La sua analisi, pur dettagliata, rivela una visione che rischia di cristallizzare la nostra comunità in un passato che non può e non deve tornare.

Innanzitutto, la categorizzazione rigida della popolazione in “nativi”, “emigrati”, “immigrati residenti” e “coniugi stranieri” appare anacronistica in un mondo sempre più interconnesso. Questa suddivisione evoca involontariamente echi di un pensiero che mal si concilia con i valori di una Repubblica fondata sulla libertà. Proprio mentre commemoriamo le vittime dell’Olocausto, dovremmo riflettere su quanto sia pericoloso costruire barriere artificiali tra esseri umani.

L’argomento secondo cui la doppia cittadinanza creerebbe “diseguaglianza” tra i cittadini è paradossale: è proprio il divieto attuale che crea disparità, costringendo alcuni a rinunciare a una parte della propria identità per abbracciarne un’altra. È come chiedere a qualcuno di scegliere tra madre e padre: entrambi sono parte integrante di ciò che siamo.

La paura che i “forensi” possano assumere ruoli decisionali strategici tradisce una mancanza di fiducia nelle capacità della Repubblica di attrarre e integrare talenti. San Marino è sempre stata una terra di accoglienza e questa è stata la sua forza, non la sua debolezza. La storia ci insegna che le società più prospere sono quelle che hanno saputo aprirsi al contributo di persone diverse, come un giardino che fiorisce grazie alla varietà delle sue piante.

Il paragone con le Hawaii appare fuorviante: San Marino ha resistito per secoli proprio grazie alla sua capacità di adattarsi mantenendo la propria identità. La sovranità non si difende chiudendosi, ma rafforzando le istituzioni e la partecipazione democratica di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro origine.

La cittadinanza multipla non è una minaccia ma un’opportunità di arricchimento culturale, economico e sociale. I cittadini con doppia cittadinanza possono fungere da ponte tra culture e mercati, portando nuove prospettive e opportunità. Sono come alberi con radici in terreni diversi: non indeboliscono il suolo, ma lo arricchiscono.

Il consenso elettorale viene citato come motivazione nascosta della riforma, ma questa è una visione riduttiva. La vera sfida è costruire una comunità più forte e inclusiva, dove le diverse identità si fondono nel rispetto reciproco. L’esperienza di altri piccoli Stati europei dimostra che l’apertura non compromette l’identità nazionale, ma la rafforza.

La chiamata alla creazione di una classe dirigente sammarinese è legittima, ma non deve tradursi in esclusione. Al contrario, dovrebbe puntare a formare leader capaci di gestire una società complessa e multiculturale. La vera competenza non ha passaporto.

La doppia cittadinanza non è la fine della storia sammarinese, ma l’inizio di un nuovo capitolo. Un capitolo in cui la nostra Repubblica può dimostrare ancora una volta di essere all’altezza del suo motto di libertà, accogliendo chi sceglie di fare parte della nostra comunità senza chiedergli di rinnegare il proprio passato.

Non lasciamo che la paura del cambiamento offuschi i valori di libertà e accoglienza che hanno reso grande San Marino. Il futuro appartiene a chi sa abbracciare la complessità come fonte di ricchezza, non come minaccia da respingere.

È tempo che intellettuali, giuristi e cittadini si mobilitino non per frenare il cambiamento, ma per guidarlo in modo costruttivo. San Marino può diventare un modello di integrazione riuscita, dimostrando che è possibile essere fermamente ancorati alle proprie radici mentre si tende la mano al futuro.

Giordano Bruno Luisè 

Cittadino sammarinese naturalizzato