In Germania, tutti e tre i partiti della coalizione di governo hanno sottoscritto un documento vincolante, in base al quale Berlino non permetterà mai che il meccanismo di salvataggio europeo acquisti direttamente bonds di paesi in crisi e nemmeno dia vita a un meccanismo soft di ristrutturazione del debito attraverso il prestito agevolato a Stati in difficoltà affinché questi possano ricomprare il proprio debito dal mercato a basso costo.
In sostanza si respinge tutta la linea alla vigilia del vertice europeo della prossima settimana dedicato appunto al Fondo salva-Stati e alla sua implementazione. Ma non si ferma qui. Sempre sul documento si legge che qualsiasi decisione la cancelliera Merkel sottoscriverà al meeting Ue dovrà essere ratificata dal Bundestag.
Sempre in Germania, un gruppo di 189 accademici ha sottoscritto un manifesto per avvertire il Parlamento rispetto alle «fatali conseguenze per l’intero processo di integrazione europea che potrebbero scaturire dalla decisione di varcare il Rubicone di una unione del debito de facto».
A fianco di questa posizione intransigente tedesca si registra un evento di tutt’altro segno. Come non registrare che venerdì scorso in Irlanda abbia trionfato alle elezioni il partito di centrosinistra Fine Gael e che il nuovo primo ministro, Enda Kenny, abbia già detto chiaramente che intende rivedere i termini del prestito da 67 miliardi di euro accordato da Ue e Fmi al suo Paese, di fatto tagliando il tasso punitivo che Dublino si trova a pagare per ottenere i finanziamenti.
Insomma, si profila un altro vertice che non risolverà nulla a causa dei veti incrociati. Da un parte una Merkel con davvero pochi spazi di manovra che vuole stilare linee guida molto severe e nette, dall’altra Paesi in difficoltà che vogliono che gli si allunghi loro un mano per uscire dalla crisi.
Intanto questa settimana saranno varati dei nuovi criteri per gli stress test per le banche europee, un nuovo macigno che grava sull’Unione europea. Se troppo blandi potrebbero distruggere del tutto la fiducia, se troppo duri potrebbero far ricadere sui mercati i timori per i livelli di capitalizzazione dei prestatori più deboli.
3 marzo 2011