La Germania scampa alla recessione. Almeno per ora. Lo afferma l’Ufficio federale di statistica, Destatis, senza tuttavia fornire cifre. Anche se gli indicatori economici di dicembre non sono ancora noti, fa notare LaPresse l’ufficio statistico si aspetta quindi una ripresa della crescita tedesca dopo il calo dello 0,2% del prodotto interno lordo nel terzo trimestre, o al limite un assestamento in un contesto di crescita zero.
Si ha, tecnicamente, una recessione al secondo trimestre consecutivo di riduzione del Pil. Ciò pare essere stato evitato, per ora, anche se a Berlino non cantano certamente vittoria. L’ufficio federale di statistica tedesco ha detto che nel 2018 l’economia della Germania ha avuto il più basso tasso di crescita degli ultimi cinque anni. A fronte di una crescita del 2,2 per cento nel 2017 e di una stima di crescita dell’1,8 per cento nell’anno successivo, l’economia tedesca è cresciuta solo dell’1,5 per cento.
Fattori contingenti, certo, ma che rappresentano un elemento secondario nel contesto più ampio del rallentamento della crescita a livello globale. Rallentamento che sta iniziando ad erodere lo stesso surplus commerciale tedesco, quello stesso fattore di potenza economica di Berlino che alcuni economisti in Germania hanno ritenuto “tossico” per il futuro degli equilibri europei ma sul cui altare sono stati, a lungo, sacrificati obiettivi ed aspirazioni di una classe lavoratrice che non ne ha pienamente beneficiato. A causa delle famigerate leggi Hartz che hanno flessibilizzato il mercato del lavoro ma, secondo molti osservatori, decretato un vero e proprio limbo di “povertà per legge”. Con conseguente stagnazione di consumi interni e domanda aggregata, aumento dei tassi di povertà e delle disuguaglianze. Vera e propria mina all’interno dell’impero economico tedesco.
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