Cecilia Sala, giornalista e podcaster, ha condiviso la sua drammatica esperienza di 21 giorni nel carcere di Evin, a Teheran, nel suo nuovo podcast “I miei giorni a Evin”. Intervistata da Marco Calabresi, Sala ha descritto le sue emozioni e le difficoltà vissute durante la detenzione, sottolineando il suo legame profondo con l’Iran, un Paese che aveva sempre desiderato visitare.
Sala ha rivelato di sentirsi “confusa e felicissima” dopo la liberazione, ma ha anche espresso angoscia per coloro che continuano a soffrire in carcere. Durante la sua detenzione, ha vissuto momenti di leggerezza, come quando ha potuto ridere osservando il cielo e ascoltando un uccellino. La privazione di un libro l’ha colpita profondamente, tanto da desiderare ardentemente una storia che la portasse lontano dalla sua realtà.
Nel racconto, la giornalista ha menzionato i frequenti interrogatori subiti, con la paura di essere accusata di reati gravi che non sono mai stati specificati. Ha anche accennato a una presunta connessione tra la sua detenzione e l’arresto dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini Najafabadi in Italia, avvenuto pochi giorni prima del suo fermo.
Dopo il suo ritorno in libertà, Sala ha espresso un forte senso di responsabilità verso coloro che non hanno avuto la stessa fortuna e ha ringraziato chi lavora per il supporto ai prigionieri. La sua testimonianza mette in luce non solo le difficoltà personali affrontate, ma anche la complessità della situazione dei diritti umani in Iran.