Giulio Lazzarotti è morto a Kirov. Aveva 22 anni, era nato in provincia di Parma ed era un alpino della Julia. E’ stato preso prigioniero dai russi nel 1943 durante la disastrosa campagna della seconda guerra mondiale, probabilmente morendo di stenti sulla tradotta ferroviaria che portava i soldati nemici a lavorare nella città industriale russa a circa mille chilometri a est di Mosca. Non proprio Siberia ma quasi.
La piastrina di Giulio è emersa dalla terra la scorsa estate. Gli escavatori stavano preparando il terreno per delle costruzioni: sono emersi resti umani e dopo i primi sondaggi è stato ritrovato quel pezzetto di metallo un po’ corroso ma ancora leggibile. Giulio riposava lì sotto. Lontano da «baita», da casa, come dicevano i «veci» della Julia mentre marciavano nel ghiaccio con 30 gradi sotto zero. Ma insieme a lui, in quella fossa comune, di caduti ce ne sono migliaia. Italiani, tedeschi, ungheresi, belgi, francesi, norvegesi, tutti soldati belligeranti contro l’Unione Sovietica che dopo essere stati catturati dalle truppe di Stalin, venivano caricati su dei convogli merci per andare a Kirov, il cuore dell’industria bellica russa. Un viaggio tremendo, fatto di stenti, di fame e di malattie terribili come il tifo.
Nelle soste del convoglio, i morti venivano spostati nell’ultimo vagone. Poi una volta a destinazione, quel vagone veniva staccato e i contadini seppellivano i caduti tra la linea ferroviaria transiberiana e il fiume Vjatka.
Chi si salvava veniva inviato al lavoro nelle fabbriche dei famosi lanciarazzi Katyusha (che i soldati italiani chiamavano anche gli organi di Stalin per la loro forma), o dei poderosi carri armati T34. Così è stato fino alla fine della guerra. Poi l’oblio.
Molti dei sopravvissuti non sono mai più tornati a casa, alcuni si sono rifatti una vita lì a Kirov, cambiando cognome. I caduti sono rimasti sotto quella terra, tra i binari e il fiume in attesa di un segno. E il segno è stato proprio il piastrino di Giulio, l’alpino della Julia, che forse voleva tornare a casa insieme ai suoi commilitoni caduti. Perché quelle fosse comuni – ne sono state individuate almeno tre delle otto segnalate – dovrebbero contenere i resti di circa diecimila soldati e saranno scavate per restituire dignità a quei militari dando loro una degna sepoltura.
Il team italiano che si occuperà delle operazioni di recupero per l’Italia è composto da rappresentanti delle associazioni Gotica Toscana Onlus e del Museo della seconda guerra mondiale del fiume Po di Felonica (Mantova). Nelle scorse settimane la delegazione formata da Filippo Spadi, Marco del Vita (per Gotica Toscana), Simone Guidorzi e Kristian Civetta (per l’associazione mantovana) sono andati a Kirov per documentare e raccogliere informazioni sul lavoro che li attende non appena arriverà il disgelo. «Abbiamo incontrato il sindaco della cittadina periferica dove si trovano le fosse comuni – ha detto Filippo Spadi – e ci ha garantito che nessuna opera edile sarà realizzata sul sito. Sappiamo che i prigionieri non destinati ai campi di prigionia o che si ristabilivano dopo la degenza, venivano impiegati nei lavori più faticosi come boscaioli, muratori e falegnami, attività in cui gli italiani eccellevano.
In diversi casi, per i motivi più disparati, i prigionieri trovarono nuove famiglie che li accolsero, rimanendo poi parte integrante di esse al punto di cambiare cognome e tacere la verità anche ai propri figli nati da queste unioni».
Con 30 gradi sotto zero non era possibile rimanere all’aperto a lungo, la delegazione ha voluto comunque lasciare un lumino votivo dove sono stati trovati i resti del soldato italiano.
Per la quantità ipotizzata di caduti nelle fosse e per la tipologia di terreno, lo scavo sarà complesso, condotto con le modalità di quelli archeologici. Sarà necessario realizzare un cantiere di lavoro costituito da diverse squadre provenienti da varie nazioni. Dall’Italia i volontari delle due associazioni partiranno nel mese di giugno. I fondi necessari per finanziare le attività in uno scavo di natura molto complessa arriveranno dalle associazioni e dai volontari stessi. Lo scavo di Kirov ha anche un enorme valore storico, per l’approfondimento della conoscenza della storia della Campagna di Russia. Il Resto del Carlino