Gentile Direttore e Gentili Lettori,
mi chiamo Federico Pastori, figlio di madre sammarinese e padre italiano. 37 anni, da sei residente in Repubblica. Con la presente sono a raccontarVi quanto di più assurdo sto vivendo insieme alla mia compagna (italiana) e a mio figlio (idem) negli ultimi due anni, per ottenere il “permesso di soggiorno ordinario” per entrambi. Appena nato mio figlio (6 maggio 2013) mi sono recato presso l’Ufficio Stranieri per chiedere informazioni su come regolarizzarlo (nel frattempo la mia compagna aveva già in essere il permesso di convivenza che sarebbe scaduto in ottobre). Dopo aver ritirato l’elenco dei documenti, ed averli riportati qualche settimana più tardi, sono stato ricevuto da un’autorità della Segreteria Esteri, al quale ho chiesto la cortesia di poter mandare avanti prima la pratica di mio figlio, dato che nei primi tre mesi di vita necessitava di visite pediatriche e vaccini, ed in seguito quella della mia compagna. Sincerato e rassicurato dalla disponibilità del Signor Brandi, ho atteso fiducioso l’arrivo del permesso per mio figlio, oltre ad aver avuto come da prassi, i regolari controlli della Gendarmeria a casa. Una telefonata del Signor Mini, dell’Ufficio Stranieri, poco prima dello scorso Natale, mi informava invece che non era stato possibile convalidare il permesso per il bimbo, a causa della contemporanea scadenza di quello della mia compagna. Con grande sbigottimento, ho chiesto delucidazioni, e per risposta mi è stato risposto “purtroppo nel frattempo è scaduto il permesso della sua compagna e devono essere inoltrati insieme” (e meno male che mi ero mosso con 5 mesi di anticipo rispetto alla scadenza della mia compagna come citato in precedenza e mi avevano rassicurato!!!). Avendo una situazione lavorativa personale a dir poco precaria (non usufruisco più degli ammortizzatori sociali dal febbraio 2012) ho così deciso, sulla base della beffa precedente, di non richiedere più nulla per entrambi, finchè non mi fossi sistemato, portando così nuovamente il bimbo al Consultorio di Rimini-Celle per le visite pediatriche, ed appoggiandomi talvolta sul centro Nove Lune di Serravalle. Una volta emersa una nuova prospettiva di lavoro, a maggio di quest’anno, in concomitanza con il primo compleanno di mio figlio, sono di nuovo tornato all’Ufficio Stranieri. Stesso copione di un anno fa, stessi documenti, stesse procedure, almeno all’inizio. Poi improvvisamente, oltre ai documenti richiesti dal protocollo, iniziano richieste di nuovi documenti “non previsti”, come la certificazione della firma autentica di mia madre da parte di un notaio (non potendomelo permettere, abbiamo scomodato il Console della Comunità Sammarinese di Milano, che ne ha garantito l’originalità), la sua busta paga, il suo Cud e quello di mio papà, in quanto loro fino ad oggi ci hanno sostenuto economicamente nelle difficoltà. Una volta pagati i nuovi bolli, con buona pace della privacy ormai violata con tutti questi nuovi documenti prodotti, credevo che questa volta fosse quella buona per poter regolarizzare i miei cari. Invece non meno di due settimane fa, una nuova telefonata (questa volta di un sottoposto del Signor Mini) mi informava che la pratica era ferma perché richiedevano il certificato di famiglia di mia mamma, neo vedova. A tale richiesta, preso anche dallo sconforto per la perdita di mio papà, non ho retto ed ho rifiutato: “o lo passano così com’è o al diavolo tutti”. Cosa ancor più ridicola invece è avvenuta una domenica pomeriggio di luglio (quindi prima di questa ulteriore telefonata): un Gendarme della Brigata di Città nell’effettuare un controllo, tra le varie domande se ne esce chiedendomi “cosa ci fai Lei a San Marino?”. Come se codesta persona in divisa fosse nativo e sammarinese purosangue (“ma mi faccia il piacere” avrebbe detto Totò…..). Mia mamma è una Toccaceli, mia nonna era una Conti, ed io fin da bambino vivo San Marino come la mia seconda terra (sono nativo della provincia di Milano), ma dopo queste ultime “attenzioni”, viene da chiedermi e chiederVi: ma come funziona la burocrazia in questo Paese? Funziona solo attraverso accurati e meticolosi controlli su una famiglia con un bambino piccolo, mentre si lasciano e rilasciano licenze di lavoro, residenze e cittadinanze a gente ambigua che “usa” la Repubblica come una lavanderia? Codeste cose ho ribadito al sottoposto che mi ha telefonato l’ultima volta. Morale della favola: la mia compagna e mio figlio per San Marino continuano ad essere dei forestieri, abusivi, invisibili o chiamateli come volete. Il Paese non li vuole regolarizzare? Bene, vivremo ancora nell’ombra, e ce la caveremo come sempre, anche coi dovuti rischi. Quando ulteriori controlli verranno a “stanare” questa famiglia di pericolosi clandestini, invitandola a lasciare “l’oasi felice San Marino”, sarà allora che straccerò la mia carta d’identità, perché in questo Paese non mi identifico più. Siamo cittadini, residenti o semplicemente persone di Serie B e C all’interno di una grossa casta chiamata Repubblica di San Marino. Permesso di soggiorno? NO GRAZIE. A voi lettori ed ai posteri l’ardua sentenza.
L’indignato FEDERICO PASTORI