Solo nelle fiabe il mondo è realmente diviso tra buoni e cattivi. Ed è da quel mondo così poco complesso che il bambino impara a conoscere a fondo se stesso per poi riuscire in futuro a relazionarsi con gli altri.
Da lunedì scorso la vicina Mercatino Conca è in festa perché per l’intera settimana resterà in paese il Vescovo Andrea Turazzi il quale si è dedicato e si sta dedicando all’incontro con i bambini, con i loro genitori, con gli anziani, con coloro che soffrono, facendo barbagliare tra le vie e sulle strade un alone di luce, un profumo di verità. L’opportunità di respirare l’atmosfera del Vescovo Turazzi è preziosa e le persone, a giudicare dalla grande partecipazione agli incontri, se ne stanno rendendo ben conto. In particolare il Vescovo Turazzi lunedì scorso ha voluto incontrare, assieme a don Marino Gatti, i genitori dei ragazzi che frequentano il catechismo e a loro ha parlato puntando all’essenzialità del messaggio. Così con amorosa dedizione ha proposto un affondo sull’educazione partendo dal significato etimologico della parola: educare, dal latino educare ‘trar fuori, allevare’. Quello che deve starci a cuore, nell’educazione – è stato il senso del suo discorso – è che nei nostri gli ci sia sempre l’amore per la vita. E il poter seguire le proprie inclinazioni è per una persona la più alta espressione dell’ amore per la vita Noi genitori abbiamo il compito di restare accanto ai nostri gli fiduciosi che le loro capacità emergano e si facciano strada. Un bambino deve avere lo spazio per poter germogliare da sé ma è importante incoraggiarlo e con dare che sbocci.
L’unica reale possibilità che abbiamo di trasmettere ai nostri – gli i nostri valori e la nostra fede è averla noi stessi, conoscerla, amar- la e seguirla con passione. Perché come scriveva Natalia Ginzburg ‘L’amore alla vita genera amore alla vita’. Tanti i genitori che hanno con dato i propri timori al Vescovo Andrea, alcuni di loro pre- occupati che la società di oggi pos- sa rappresentare un pericolo per i valori cari alla famiglia che però non troverebbero alcun riscontro nel mondo che sta fuori che punterebbe piuttosto a distruggerli. Ma solo nelle fiabe il mondo è realmente diviso tra buoni e cattivi.
Ed è da quel mondo così poco complesso che il bambino impara a conoscere a fondo se stesso per poi riuscire in futuro a relazionarsi con gli altri. Qui il vescovo Turazzi che non ha voluto trattenere a lungo il suo pubblico, ha introdotto la lezione di Bettelheim. La fiaba non ha solo la funzione di intrattenere il bambino, bensì gli permette di conoscersi e favorisce lo sviluppo della sua personalità. Nelle fiabe il male è onnipresente come il bene. È questo dualismo che pone il problema morale e richiede una lotta affinché possa essere superato. Tuttavia il succo di queste fiabe non è la morale, sostiene Bettelheim, ma piuttosto la fiducia di poter riuscire.
La vita può essere affrontata con la fiducia di poter sormontare le sue difficoltà o con la prospettiva della sconfitta: anche questo costituisce un importantissimo problema esistenziale. Il bambino, man mano che cresce, deve imparare a capirsi sempre meglio, per poi essere in grado di comprendere gli altri in modo da entrare in rapporto con loro. Pensare, ovvero colloquiare con se stessi, ha ricordato in chiusura il Vescovo Turazzi, fa tanto bene anche a noi adulti a maggior ragione perché l’educazione è una relazione nella quale si cammina e si cresce assieme. La RepubblicaSM