La madre di Ismaele Lulli. Qualcuno poteva salvare mio figlio. Non perdonerò mai i suoi assassini

Ismaele LulliPrima udienza ieri del processo per l’omicidio di Ismaele Lulli, 17 anni, ucciso per gelosia un anno fa da due quasi coetanei. Per la sorellina di 5 anni, il fratellone è una stella in cielo, la più luminosa della costellazione di Orione. Ogni sera guarda su e lo saluta tenendo per mano la mamma Debora. La quale, ieri, era in aula in Corte d’Assise. È arrivata elegante e curata al primo appuntamento con la giustizia, bella fuori, ma con un cumulo di macerie dentro: «Ho 43 anni ma sento di averne 80. Però devo essere forte e stare dritta perché è mio figlio che mi vuole così, combattiva». Accanto a lei, c’è un piccolo esercito di amici e parenti, con addosso una t-shirt bianca con la scritta rossa: «Giustizia per Ismaele».
Signora Lulli, cosa le dà la forza di affrontare questo dolore?
«Non lo so, me lo chiedo anche io. C’è mio figlio Ismaele che mi tiene in piedi».
E la fede?
«Ho anche fede e la vicinanza di tantissime persone. Sia di Sant’Angelo in Vado che di tanti paesi vicini. Mi stanno dando un sostegno enorme».
Pensa che potrà mai arrivare a perdonare chi ha ucciso suo figlio?
«Che Dio li perdoni, io no di certo».
Quando ha parlato con l’altra sua figlia di quello che era successo?
«Non le ho mai detto nulla. È stata lei, 24 giorni dopo la morte del fratello, a chiedermi dove fosse Ismaele. Vedeva la porta della camera sempre chiusa e lui che non ritornava mai a casa. Non ho mai usato la parola morte con lei, che aveva ancora 4 anni quando è successo. Le ho detto che era andato in cielo. E da allora per lei, Ismaele è una stella».
Ha lasciato intatta la camera di Ismaele? «Sì, anche perché è ancora sotto sequestro. Non posso toccare nulla. Anche per precauzione. Nel corso delle udienze potrebbe venire fuori qualcosa, qualche interrogativo. E la risposta potrebbe saltare fuori anche dalla camera di mio figlio».
Sul suo profilo facebook, c’è la foto di un lupo che ulula. Cosa significa?
«Sono io che parlo con Ismaele, che lo chiamo. Mi sento come quel lupo che ulula rivolto verso il cielo».
Cosa si aspetta da questo processo?
«Mi aspetto tanto. È l’ultima battaglia col mio piccolo infinito amore. È stato fatto un gran lavoro da parte della Procura, del pm, delle forze dell’ordine».
Oltre a quelle dei due imputati, ritiene che ci siano altre responsabilità nella morte di suo figlio?
«Sì, c’era chi poteva avvisare mio figlio e salvarlo. Non so bene ancora chi fosse, lo scopriremo magari nel processo».
I familiari di Meta e Mema hanno mai provato a contattarla?
«Il padre di Igli ma io non avevo voglia di parlare con loro».