
Bisogna tornare al primo febbraio 2019 per capire ciò che sta succedendo oggi. Siamo a Davos, in Svizzera. Durante una pausa dai lavori, Giuseppe Conte e Angela Merkel si concedono un momento di relax. Attorno a loro, le guardie del corpo che cercano di creare un muro contro occhi e orecchie indiscrete. Non ce la fanno, però. Piazzapulita, programma di La7, riesce a carpire una parte della conversazione tra i due in cui, senza mezzi termini, il presidente del Consiglio italiano accusa l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di essere contro tutto, in Italia e all’estero: “Lui chiude tutto. Non c’è spazio. Per me è differente. Sai…”, e ancora “Ti ricordi di Malta? Quando ho detto: ‘Donne e bambini li prenderò con l’aereo. Perché Juncker mi aveva detto ‘Salvini dice che tutti i porti sono chiusi’. Io ho detto ‘Ok, vuol dire che li prenderò in aereo!’ Sai… Quindi ho capito la questione”. I due erano ancora al governo insieme. Il leghista era dunque un alleato. Certamente distante anni luce da Conte, ma comunque un partner. Almeno sulla carta.
In quel momento, Conte decise però di scaricarlo. A Davos il presidente del Consiglio stava facendo il “suo”. In due sensi: stava cercando di avvicinarsi alla Merkel per chiederle un aiuto sul fronte migratorio e, soprattutto, stava cercando di ritagliarsi una nuovo ruolo – alternativo agli eccessi di Salvini e all’insipidezza dell’allora ministro del Lavoro e vicepremier Luigi Di Maio – in Europa. Sul primo fronte, quello della cooperazione europea, Conte ha fallito. L’Italia, oggi, non ha nuovi o più potenti alleati. È sola nel gestire il fronte migratorio e, sotto il profilo economico, è sempre legata ai desiderata di Berlino e Bruxelles. Sul secondo, invece, il presidente del Consiglio è risultato vittorioso. I leader europei, infatti, vedono in “Giuseppi”, come l’ha ribattezzato il presidente americano Donald Trump, un valido e, soprattutto, abile alleato.
Torniamo al presente. Negli ultimi giorni, il presidente del Consiglio ha annunciato che provvederà a smantellare “Quota 100“, la riforma delle pensioni fortemente voluta dalla Lega durante il Conte 1, e a ristrutturare il “Reddito di cittadinanza“, che si è rivelato un flop in quanto gran parte di coloro che ne usufruiscono si rifiuta di accettare un lavoro, qualunque esso sia, per intascare l’assegno statale e continuare a far nulla (o a lavorare in nero, come talvolta accade). Questa decisione ha due scopi: cancellare due anni di governo gialloverde e, soprattutto, aprire una linea di dialogo con l’Unione europea e i suoi leader in vista di Recovery Fund (da accelerare) e Mes (da approvare). Marcello Sorgi, su La Stampa di oggi, parla di due messaggi all’Europa da parte di Conte. Nonostante le domande, il presidente del Consiglio non ha spiegato il perché di questa accelerazione “ma è evidente – scrive Sorgi – che anche con queste due mosse il premier si stia preparando alla complessa trattativa che lo attende in Europa, per l’assegnazione di prestiti e sussidi del ‘Recovery Fund’, ed eventualmente anche per quelli del Mes, al centro ancora di un duro confronto tra i grillini, che non li vogliono chiedere, e il Pd, che insiste per superare le resistenze del Movimento”.
I soldi del Recovery fund, come è noto, non arriveranno in tempi brevi. Si parla di un anno, ma potrebbe essere anche di più. Troppo tempo, soprattutto per il governo italiano che ne ha bisogno come dell’ossigeno e che, proprio per questo, ha inviato a Berlino Enzo Amendola, ministro per gli Affari europei. Una strada in salita, quella italiana, resa ancora più di difficile dal fatto che Conte dovrà presentare il suo piano per il Recovery Fund entro il prossimo 15 ottobre oppure, come spera, incassare un slittamento per riorganizzare il tutto e, soprattutto, far ingoiare al Movimento 5 Stelle il boccone amaro del Mes. I grillini si sono detti assolutamente contrari, mentre il Partito democratico spinge per ottenerlo. È chiaro che il governo su questo tema rischia di spaccarsi, dopo esser uscito più o meno indenne dal voto del 20-21 settembre scorso. Conte non può correre rischi, ma deve indorare la pillola sia con i pentastellati che a Bruxelles. E fare quello che sa fare meglio: mandare messaggi a destra e a manca, sperando che qualcuno abbocchi. Ma si dimentica, come diceva il professor Giulio Tremonti, che il diavolo sta nei dettagli e che a Bruxelles ci sono più dettagli che diavoli.
Una piccola postilla: il 30 dicembre 2019, Il blog delle stelle pubblicava un articolo intitolato Reddito di cittadinanza e Quota 100 non si toccano in cui si poteva e, ancora oggi si può, leggere: “Chiariamo subito una cosa: per il MoVimento 5 Stelle queste due misure non si toccano e non ci sarà nessuna modifica fino a che saremo al governo. Abbiamo finalmente dato speranza e dignità a milioni di cittadini che per anni sono stati completamente abbandonati dalla politica, abbiamo dato ad anziani e famiglie la possibilità di pagare una visita specialistica, il riscaldamento e di fare la spesa. Abbiamo dato il diritto di andare in pensione dopo anni di sacrifici a tutti quei lavoratori che sono stati ingannati da una legge ingiusta e dolorosa come la Fornero. Tutto questo era nel nostro programma con cui ci siamo presentati alle elezioni nel 2018, e noi le promesse le manteniamo”. Almeno per un anno o due.
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