La soubrette interrogata a Bergamo nell’ambito dell’inchiesta sull’imprenditore e l’ex questore Fortunato Finolli, rimosso dall’incarico a causa delle indagini.
Una cassetta di sicurezza in una filiale di Intesa Sanpaolo potrebbe custodire i presunti misteri di Giovanni Cottone, l’imprenditore di origini siciliane amico da anni dell’ex questore di Bergamo Fortunato Finolli: entrambi sono indagati nell’ambito dell’inchiesta dei pubblici ministeri Maria Cristina Rota e Fabio Pelosi, su un presunto giro di favori svelato indagando sui versamenti contributivi della Maxwork spa, società di cui Cottone era procuratore speciale. Su quella cassetta di sicurezza sono state insistenti, nella mattinata di ieri, le domande degli inquirenti a Valeria Marini, ex moglie di Cottone, e alla madre della soubrette, Giovanna Orrù, assistite durante l’interrogatorio da un avvocato, ma non indagate: «solo» persone informate sui fatti.
Lo scrigno segreto, probabilmente in una filiale milanese dell’istituto di credito, risulterebbe intestato allo stesso Cottone e all’ex moglie, la «Bambola» bionda del cinema e delle tv. Ma sia lei, sia la madre, di fronte al pm Rota, avrebbero affermato di non saperne nulla, di non essere al corrente dell’esistenza di quella cassetta di sicurezza. D’altra parte, gli investigatori del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Bergamo avrebbero invece riscontri proprio sull’attivazione dello scrigno e su un suo recente utilizzo: una realtà che sarebbe emersa durante tutti gli accertamenti su Gianni Cottone, i cui conti correnti e utenze bancarie sono stati passati al setaccio dalle Fiamme Gialle.
L’imprenditore, del resto, è un uomo chiave dell’inchiesta che nel giro di 24 ore — non era mai accaduto — ha portato al siluramento del questore Fortunato Finolli, suo caro amico. Dal poco che trapela, i fronti di indagine risultano diversi e si estenderebbero da Bergamo fino a Milano e Roma. Il segreto istruttorio tutela, in particolare, una lista top-secret di 200 aziende che avrebbero ottenuto dilazioni nei versamenti all’Inps e a Equitalia, grazie a un sistema di potere. Come la Maxwork, agenzia di lavoro di cui Cottone era procacciatore di affari e a cui lo scorso aprile il tribunale di Bergamo ha concesso di presentare un piano di concordato o di ristrutturazione dei debiti.
La bufera sull’ex questore parte proprio da lì. Finolli, infatti, organizza un pranzo con Cottone e il direttore dell’Inps di Bergamo Angelo D’Ambrosio, lo scorso autunno, alla Taverna Colleoni in Città Alta.Obiettivo: capire se la Maxwork avrebbe potuto ottenere una quinta dilazione del versamento dei contributi. D’Ambrosio darà parere (non vincolante) sfavorevole, invece da Roma arriverà il via libera. Il tenente colonnello Antonello Reni, comandante del nucleo di polizia tributaria della Finanza, viene a sapere dell’incontro ma omette di riferirlo al pm Maria Cristina Rota: un atteggiamento che è tuttora oggetto di accertamenti. La cosa certa è che quando il magistrato scopre i fatti, la procura interrompe il rapporto di fiducia con l’ufficiale (e un sottufficiale) che viene promosso colonnello, ma trasferito a Oristano.
Su altri episodi la procura ha poi puntato la lente. Ad esempio l’intercessione del numero uno della questura a favore di Cottone, per l’apertura di un negozio di elettronica con il marchio Akai, all’aeroporto di Orio. O una nuova Lambretta in regalo, e ancora, l’installazione di condizionatori all’ufficio denunce di via Noli da parte di un’azienda riconducibile a un amico di Cottone stesso. Corriere.it