La narrazione. Di sinistra e destra. … di Sergio Pizzolante

La narrazione
Di sinistra e destra.
La sinistra televisiva, l’intellettualità mediatica della sinistra che si è innamorata della Schlein, l’intellettuale di Vogue, da settimane e mesi denuncia la destra intellettuale, presunta, secondo loro, di voler cambiare la narrazione culturale nel Paese.
Ora, diciamoci la verità, io sorrido, per non piangere, per quanto di misero c’è in certa destra che vuole “cambiare la narrazione”, rivolgendosi a Gramsci! La destra che si è innamorata della “egemonia culturale” gramsciana.
Che mette Gramsci nel proprio Pantheon.
Minchia, direbbe Gaber.
Gramsci che narrava, in opposizione alla narrazione di Lenin, la conquista del potere del comunismo senza armi, senza violenza, con “l’egemonia”, appunto.
E che però sempre comunismo era.
Cara destra.
Gramsci che venne usato da Togliatti per conquistare un potere politico e culturale egemonico in Italia, dove non poteva andare al Governo, cosa che fece, conquistando università, giornali, editori, pezzi di Stato, di Magistratura. I “gangli del potere”, le “case matte”.
Togliatti, che però sempre Togliatti era.
Cara destra.
Ma è della sinistra “intellettuale”, che combatte la nuova narrazione di destra, da un libro al mese, di Sangiuliano, che voglio dire.
Li vedi, le Gruber, le Annunziata, le De Gregorio, i Formigli, i Giannini, i Floris, i Gramellini, i Purgatori, i Parenzo, le Berlinguer, i Santoro, i Travaglio, gli Scanzi, i Montanari, scandalizzati.
Per la destra incolta, inelegante, che vuole narrare una nuova cultura.
E con “eleganza” ridono di loro, in diretta televisiva, denunciando “l’invasione” della narrazione di destra mentre narrano se stessi, che sono ovunque, avendo invaso tutto. Tutto.
Come Togliatti voleva.
Perché tutti da lì vengono.
La sinistra egemonica che ride della destra “incolta” che vuole fare cultura.
Esibendo la “superiorità culturale”, come Togliatti pensava.
Come strumento di potere.
Con narrazioni false.
Due più di tutte: la compatibilità fra comunismo e democrazia, la superiorità morale di chi prendeva i soldi dall’Unione Sovietica per narrare il comunismo in Italia.
Per non dire di una sinistra che si dice riformista avendo sempre combattuto il riformismo.
Ridono della destra incolta. Degli strafalcioni linguistici di un Lollobrigida, loro che tanto hanno amato l’eloquio forbito di Di Pietro. Denunciano la narrazione para fascista, dicono, dopo che hanno eletto maestro del pensiero moderno Davigo. Espressione di un giustizialismo nazistoide.
Hanno paura per i destini della democrazia, avendo assunto come simboli della modernità democratica l’uno vale uno di Casaleggio, la fine della democrazia parlamentare e l’attacco forsennato al Parlamento di Grillo e dei 5 stelle. In nome di Rousseau, il padre di tutti i totalitarismi.
Sono colti ed eleganti loro che hanno dichiarato ladri e mafiosi tutti al di fuori di loro.
Sono colti loro, ed eleganti e buoni e solidali, avendo narrato come etici il giustizialismo, il carcere facile, le manette, la via giudiziaria al potere, attraverso narrazioni che hanno infettato l’Italia col veleno dell’odio, della cultura del nemico, dell’invidia sociale.
Rido. Per non piangere.
Sergio Pizzolante