Questa volta sono i dati ufficiali della DNA, e non la stampa, a dire che la regione Lombardia si conferma il territorio del nord Italia con «il maggiore indice di penetrazione nel sistema economico legale dei sodalizi criminali della ‘ndrangheta, secondo il modello della “colonizzazione”».
La Direzione Nazionale Antimafia italiana, composta dal Procuratore nazionale antimafia e da 20 magistrati del pubblico ministero che sono i sostituti procuratori nazionali antimafia, nella sua Relazione annuale, fa un’analisi sulla criminalità organizzata, prettamente per origine e natura, del belpaese. E cosa dice la Dna? Avverte che sostanzialmente nella regione principe dell’economia italiana, la chicca del dinamismo economico italiano, «la ‘ndrangheta si è diffusa non attraverso un modello di imitazione, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di “colonizzazione”, cioè di espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso. La ‘ndrangheta ha «messo radici», divenendo col tempo un’associazione dotata di un certo grado di indipendenza dalla «casa madre», «con la quale però comunque continua ad intrattenere rapporti molto stretti e dalla quale dipende per le più rilevanti scelte strategiche».
Come si direbbe a San Marino, “sciucchezzi!”.
Ma l’organismo anticriminalità italiano continua, e va più a fondo. Nel territorio lombardo – dice – «si è riprodotta una struttura criminale che non consiste in una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a commettere reati in territorio lombardo». Sono infatti in mano agli inquirenti dati documentali che certificano che i fuorilegge «operano secondo tradizioni di ‘ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la ‘ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza».
La Dna altresì sostiene che, prendendo come esempio la ‘ndrangheta, questa risulterebbe presente anche in Piemonte, Liguria, Toscana, Lazio ed in particolare Roma, Abruzzo, ove sono emersi inquietanti interessi negli appalti per la ricostruzione dopo il sisma del 2009, Umbria ed Emilia Romagna. Tirando le somme, ha ramificato in tutta Italia.
Il dipartimento del Ministero della Giustizia italiano ritiene che attualmente, secondo i riscontri in suo possesso, l’’ndrangheta sia « l’assoluta dominatrice della scena criminale, tanto da rendere sostanzialmente irrilevante, e comunque, in posizione subordinata, ogni altra presenza mafiosa di origine straniera». Ecco un passaggio eloquente della Relazione annuale: «Emerge in modo costante e preoccupante, soprattutto nel Centro-Nord del Paese, la presenza sempre più gravemente pervasiva di soggetti collegati alle organizzazioni criminali, soprattutto di matrice ‘ndranghetistica».
La situazione è sotto controllo? Parrebbe proprio di no. Infatti, spiega la Dna, «c’è il rischio che si crei una schiera di “invisibili” che, germinata dalle cellule silenti delle mafie al Centro-Nord, penetri in modo silente ma insidioso il tessuto politico, istituzionale ed economico delle regioni oggetto dell’espansione mafiosa».
Quindi dopo aver letto la Relazione che convinzione mi sono fatto se non quella che per quanto riguarda San Marino occorre consolidare e rafforzare una struttura investigativa di prevenzione e giudiziaria, attiva con il necessario supporto della cooperazione internazionale, stretta ed effettiva. Occorre avere la certezza che le autorità sammarinesi abbiano la piena consapevolezza del problema e predispongano tutti gli “anticorpi” necessari al contrasto. Simmetricamente la società, i media, chi fa propaganda spicciola, senza starnazzare, tutti assieme spengano i riflettori sulla questione e lascino gli organi competenti a fare il loro lavoro, anche perchè alla fine certi atteggiamenti creano più danni che utilità.
Quanto in ultimo è chiaro che vada fatto senza alcuna esitazione e titubanza ma guai a far passare il messaggio che la Repubblica di San Marino sia un covo di criminali e malavitosi; questa proprio è un’etichetta che respingiamo con forza e determinazione, perché offensiva e assolutamente falsa. Diciamo invece che questi fenomeni vanno condannati con estrema fermezza, dotando tutte le intelligence, sia sammarinesi che italiane, di strategie e formazione veramente al passo con le tecniche che vengono adottate dagli “strateghi” al soldo della criminalità organizzata. E questa battaglia ci deve vedere uniti con l’Italia, intesa sia come governo centrale che come governi periferici del circondario. Non vorremmo mai sentire dichiarazioni con accenti da scaricabarile; spesso si ricade nel pensare che le responsabilità sono sempre degli altri, e nello specifico sul banco degli imputati spesso, ed a sproposito, ci finisce San Marino. Ma ora basta, facciamo tutti una sana autocritica e agiamo per ripulire…
9 marzo 2011