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Prima visita in Ucraina della premier Giorgia Meloni. Il viaggio della presidente del Consiglio attraverso il racconto dell’inviata ANSA, Silvia Gasparetto.
Vedere con i propri occhi. Chiusa in un cappotto forse un po’ troppo leggero per il freddo e la pioggia leggera ma insistente che accompagnano la sua prima visita, anfibi comodi ai piedi, Giorgia Meloni arriva a Kiev intenzionata a capire “cosa serve” davvero a un popolo che combatte “per difendere la sua libertà”. La premier scende dal treno alle undici del mattino, in ritardo di un paio d’ore sulla tabella di marcia che la porterà a tappe forzate prima a “vedere” quel che è rimasto degli orrori di Bucha, che ora orgogliosamente ha già iniziato la sua ricostruzione, e poi gli effetti dei bombardamenti di Irpin. Era l’inizio della guerra, quando Vladimir Putin pensava “che sarebbe durata pochi giorni” ma aveva sottovalutato “la resistenza del popolo ucraino”, dice Meloni in uno dei momenti pubblici di una visita lampo che arriva all’indomani dello storico abbraccio tra Joe Biden e Volodymyr Zelensky. La premier tarda ad arrivare a Kiev proprio per l’incrocio con il convoglio americano: all’aeroporto di Rzeszow la delegazione italiana attende più di un’ora il via libera per il decollo; prima il presidente Usa, di rientro da Kiev, deve partire alla volta di Varsavia. I due si sentono solo al telefono mentre Meloni si avvia verso la capitale ucraina. Sale sul treno all’una di notte, il viaggio fila liscio ma è lungo, e prevede anche due stop per i controlli passaporti, al confine e a Leopoli. Poi via, attraverso la campagna ucraina, qualche spruzzo di neve dai finestrini, un cielo grigio che la accoglie a Kiev.
Il podcast: Giorgia Meloni si commuove a Bucha, non siete soli
“Sono onorata, era doveroso essere qui”, le prime parole della premier alla piccola folla di telecamere che la attende, compresi i molti freelence che dall’inizio del conflitto vanno e vengono dall’Ucraina per raccontare gli effetti devastanti dell’invasione russa. Racconto che la premier sente dalla viva voce del sindaco di Bucha, che ascolta con attenzione mentre cammina nel fango che ha coperto, un anno fa, le 419 vittime ritrovate nelle fosse comuni della cittadina alle porte della capitale. Chiede se erano “molto giovani”. La città “aveva resistito in modo inaspettato vero?”, domanda quasi incredula, stringendosi nel cappotto. E stringe tra le mani la medaglia di proiettili usati che le autorità locali le danno in dono: “Città non conquistata”, legge a voce alta sul retro, dopo aver depositato una corona di fiori sul memoriale della fossa comune e prima di passare in rassegna una piccola mostra fotografica con le immagini dei massacri. Commossa, davanti alla testimonianza viva dell’orrore, la premier chiede di tradurre un messaggio ai suoi interlocutori ucraini: “Non siete soli”. Lo stesso che porterà anche ad Irpin, dove fa un passaggio veloce per consegnare due generatori, parte degli aiuti civili che l’Italia sta inviando dall’inizio della guerra. “È diverso parlare di numeri o vedere a caldo la vita della gente distrutta senza che ci sia una ragione. abbiamo visto fiori e peluche: è diverso, vale la pena di vederlo”. E firmando la bandiera del sobborgo della capitale, Meloni lo scrive chiaramente: “At your side!”.
Il podcast: Giorgia Meloni è in viaggio verso Kiev
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