La Procura avverte Berlusconi «Agli arresti se diffama le toghe». Assegnati i servizi sociali: la difesa opta per la villa di Macherio

che sia volontariato fatto in casa o volontariato pubblico, la decisione su Silvio Berlusconi è stata presa. Segreta, per ora. Ma presa. Alle 17.30 dell’altro ieri, in una camera di consiglio immediata (come da prassi per le udienze del Tribunale di sorveglianza), il cui esito verrà motivato con un’ordinanza scritta nei prossimi cinque giorni. O la parca struttura pubblica dell’hinterland di Milano, dedicata alla riabilitazione di anziani, proposta dall’Ufficio esecuzione penale esterna. O l’opzione proposta dai difensori Franco Coppi e Niccolò Ghedini («in alternativa al progetto proposto» dall’Uepe «si evidenzia che presso il Comune di Macherio è di prossima apertura un centro gestito da una Onlus») che offrono l’ex Cav come «motivatore» di persone disabili in una bella cascina in via di ultimazione, a opera di società dell’orbita berlsuconiana, nei giardini e parchi tra le due ville San Martino e Belvedere.
Ma se l’affidamento ai servizi sociali pare già incassato, per Silvio c’è un invito alla prudenza, proprio nel parere dato in udienza dal sostituto pg Antonio Lamanna. Che ha espresso il suo ok all’affidamento, ritenendo Berlusconi, per il tipo di reato (frode fiscale), la pena (un anno da scontare in via definitiva), il risarcimento (10 milioni all’erario), oltre che per l’incensuratezza (nonostante i molti procedimenti, Mediaset è l’unica condanna nel casellario giudiziario) idoneo al beneficio: «come tutti» in queste condizioni, «anche non si chiamasse Silvio Berlusconi», perché «giudici e pm non sono né angeli vendicatori, né angeli custodi, ma devono solo applicare la legge prevista dall’ordinamento penitenziario». Eppure l’affidamento è una forma di espiazione della pena (che si accetta anche se non si è d’accordo), e che può essere revocato in caso di reati. Un cenno consistente il pg lo ha fatto alla «diffamazione dei giudici», riportando la copia di un articolo del 7 marzo in cui si riferivano frasi dell’ex premier, in un incontro con forzisti lucani a Palazzo Grazioli: «Sono qui a dipendere da una mafia di giudici», diceva riferendosi all’udienza davanti al Tribunale di sorveglianza. Non è un caso che, nell’arringa, l’avvocato Coppi abbia sottolineato come gli attacchi ai magistrati, non siano ai singoli, ma vadano iscritti come «critica politica».

SE DUNQUE i 10 mesi e 15 giorni che l’ex Cav dovrà scontare non incontreranno veri ostacoli rispetto alla cosidetta «agibilità politica» (per la quale i difensori hanno chiesto massima libertà di movimento), il leader di Forza Italia dovrà fare attenzione a ciò che dice e fa. E in attesa dei processi (appello e Cassazione) Ruby, per i quali l’eventuale condanna (superiore a due anni) definitiva, farebbe cadere la foglia dell’indulto: portando a un cumulo pene difficilmente sanabile con i servizi sociali. Il Resto del Carlino.