La crisi che attanaglia il Paese non ha ancora prodotto completamente i propri nefasti effetti che già c’è chi mette le mani avanti:. nessuno vuole il conto da pagare.
In prima fila le organizzazioni sindacali, quelle storiche raggruppate nella CSU, che già paventano inesistenti scontri sociali in puro stile anni cinquanta dimenticandosi che il mondo è profondamente cambiato.
Le manifestazioni sul Pianello, con intendimenti più politici che sindacali, non daranno i risultati sperati.
Così come la gente è stufa del modo di fare della vecchia politica, lo è anche di quello di un sindacato che difende privilegi e sprechi.
Anche il sindacato dovrà ripensare il proprio ruolo.
Come sbandierato dai sindacati non esiste una “questione fiscale”, almeno tra lavoratori dipendenti ed autonomi.
La pressione fiscale sul reddito è comunque equa.
Vanno invece ripensate esenzioni, abbattimenti d’imposta e soprattutto la tassazione sui patrimoni e sulle plusvalenze speculative.
Affinché nessuno si sottragga al proprio dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva.
La questione centrale è invece la Pubblica Amministrazione: un carrozzone che non possiamo più permetterci.
Sembra che la riforma sia oramai vicina.
La PA và razionalizzata e snellita, con i necessari accorpamenti e mobilità interna, rincominciando a parlare di concorsi pubblici per evitare le chiamate politico-clientelari e garantire il meglio per i cittadini.
Ridurre e responsabilizzare le dirigenze accorpando uffici e smontando tutte le sovrastrutture che sono di fatto inutili e fonte di piccoli orti di potere, diligentemente coltivati dagli interessati.
Privatizzare alcuni servizi favorendo l’uscita di risorse umane dalla PA ed offrendo nel contempo opportunità di lavoro a coloro che nel privato sono in mobilità coinvolgendo in prima persona i lavoratori stessi.
Non vi sono alternative.
Alberto Chezzi